Muoversi 1 2023
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CUI PRODEST

CUI PRODEST

di Claudio Spinaci

Claudio Spinaci

Presidente
Unione Energie per la
Mobilità - unem

Benzina: nuovi rincari”, “Benzina, prezzi impazziti”, “Volano i prezzi di benzina e gasolio”, “Speculazioni su benzina e diesel, interviene la Guardia di Finanza”, “Prezzi benzina, la denuncia: listini record, costi fuori controllo”. Questi alcuni dei tanti titoli dei principali quotidiani nazionali all’indomani della fine dello sconto sulle accise introdotto a marzo 2022 quando la benzina era arrivata a costare ben oltre 2 al litro.

La percezione dell’opinione pubblica, spinta da questa tempesta mediatica, è stata quella di trovarsi davanti ad aumenti indiscriminati e su tutta la rete, soprattutto quella autostradale. I fatti, di contro, hanno dimostrato che gli aumenti erano esclusivamente legati all’eliminazione dal 1° gennaio dello sconto precedentemente applicato sulle accise, i famosi 18 centesimi che, peraltro, alla pompa sono risultati più contenuti di 1-2 centesimi al litro grazie a lievi riduzioni dei prezzi industriali, come risulta dai dati del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica. Dati che hanno confermato quanto andavamo dicendo da giorni sulla base delle nostre evidenze.

Una percezione falsata da allarmi e accuse totalmente ingiustificate che non hanno fatto altro che esacerbare gli animi e alimentare contrapposizioni ideologiche, poi trasformatesi in battaglie identitarie.

Una vicenda che ha confermato, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, quanto poco contino i fatti e quanto pesi invece la percezione che se ne ha o, peggio, che si preferisce avere a seconda degli interessi del momento.

Da un lato, un Governo che ha ritenuto fosse giunto il momento di mettere fine ad una misura ritenuta regressiva e troppo onerosa per il bilancio dello Stato, ma che ha al suo interno alcuni partiti che in passato avevano spesso invocato una riduzione delle accise; dall’altro, un’opposizione che ha subito gridato allo scandalo sperando di mettere in difficoltà il Governo e recuperare parte del consenso perduto. Opposizione dimentica che in un passato, neanche troppo remoto, alcune delle forze politiche che la compongono avevano sostenuto la necessità di aumentare le accise sul gasolio, in quanto ritenute un sussidio ambientalmente dannoso.

La percezione dell’opinione pubblica, spinta da questa tempesta mediatica, è stata quella di trovarsi davanti ad aumenti indiscriminati. I fatti hanno dimostrato che gli aumenti erano esclusivamente legati all’eliminazione dello sconto prima applicato sulle accise

Nel mezzo compagnie e gestori che alla fine sono stati “incriminati” e destinatari di nuove misure che, alla luce dei fatti, non solo sono inutili (se i prezzi sono stato gestiti correttamente dalla filiera perché invocare la mancanza di trasparenza?), ma potenzialmente controproducenti (sin dal 1999 l’Antitrust aveva contestato la pubblicizzazione sugli impianti carburanti di “prezzi consigliati” prevista da un
Decreto Ministeriale del 1994,  ritenendo che favorisse fenomeni di allineamento dei prezzi). Misure che peraltro richiederebbero ingenti investimenti, nell’ordine di molte decine di milioni di euro, e lunghi tempi di realizzazione (anche oltre 12 mesi) certamente non congruenti con l’urgenza manifestata dal Governo (mentre oggi si parla di 15 giorni per 21.700 punti vendita), pena multe salatissime.

A fronte di un sistema industriale virtuoso, più che competitivo anche rispetto ai principali Paesi UE, il nostro tallone d’Achille resta la tassazione che è invece complessivamente la più alta d’Europa. Una questione del genere non può essere affrontata in termini emergenziali ma in termini strutturali, con una riforma complessiva del fisco

Con il nuovo Decreto-legge n. 5/2023, recante “Disposizioni urgenti in materia di trasparenza dei prezzi dei carburanti e di rafforzamento dei poteri di controllo del Garante per la sorveglianza dei prezzi, nonché di sostegno per la fruizione del trasporto pubblico” il Governo sembra, quindi, aver dato più peso alla narrazione che ai fatti, invece di spiegare ai cittadini quanto stava succedendo e cioè che a lungo andare lo sconto sarebbe stato insostenibile economicamente, a meno di introdurre nuove tasse in altri ambiti o ridurre la spesa per i servizi. D’altra parte, tenuto conto dell’andamento dei mercati dei prodotti petroliferi, era forse il momento più adatto per farlo in quanto i prezzi sono tornati al livello del 23 marzo quando venne introdotto lo sconto, ma senza lo sconto di 30 centesimi.

Certo, la fiscalità sui carburanti nel nostro Paese è tra le più alte se non la più alta d’Europa (sul gasolio siamo i primi, mentre sulla benzina ci precedono solo a Grecia e Finlandia), ma non è un fatto contingente, è strutturale.
Sempre i fatti, ci dicono che a livello industriale abbiamo i prezzi tra i più bassi d’Europa, in media di 3-4 centesimi. Più bassi di quelli della Germania, dove un litro di gasolio al netto delle tasse costa 15 centesimi in più ma al consumo 5 in meno, o anche della Francia, dove ci sono 6 centesimi in più a livello industriale ma 3 in meno alla pompa. Eclatante è il caso della Spagna, molto vicina a noi per volumi consumati, dove il prezzo industriale è più alto di 8 centesimi ma alla pompa è più basso addirittura di 20.

Quindi a fronte di un sistema industriale virtuoso, più che competitivo anche rispetto ai principali Paesi UE, il nostro tallone d’Achille resta la tassazione che è invece complessivamente la più alta d’Europa.

Una questione del genere non può essere affrontata in termini emergenziali (sconto temporaneo che va rifinanziato per un miliardo al mese di volta in volta), ma va affrontato in termini strutturali, con una riforma complessiva del fisco che, obiettivamente, per la sua complessità non si poteva pretendere fosse affrontata in così poco tempo da questo Governo (è notizia di questi giorni che una proposta in tal senso dovrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei Ministri entro la metà di marzo). Dunque, se si volesse intervenire in modo efficace e non estemporaneo, lo si dovrebbe fare in maniera organica sull’intero sistema fiscale, accise comprese, allineando i livelli di tassazione dei carburanti alla media europea e detassando la componente rinnovabile dei carburanti, promuovendone così il loro sviluppo.

Stando così le cose, non mi spiego il perché di questa continua opera di criminalizzazione di un settore che è molto più virtuoso di quello degli altri Paesi europei nonostante una serie di problemi cronici, mai affrontati dai Governi passati, che hanno impedito una evoluzione efficiente ed ordinata della rete. Oggi abbiamo ancora un numero di impianti stradali quasi doppio rispetto a Germania e Francia ed un erogato medio che è un terzo. Forse sarebbe il caso di ricominciare a ragionare seriamente su cosa fare per avvicinare il nostro sistema distributivo agli standard europei piuttosto che scatenare campagne diffamatorie che non servono certo a migliorare il sistema nel suo complesso né a portare reali benefici ai consumatori. 

Non è la prima volta, e temo non sarà l’ultima, che i temi legati all’energia sono divisivi per le forze politiche e più volte, anche da queste pagine, ho richiamato l’attenzione sui rischi legati al “populismo energetico” perché i problemi non si risolvono attraverso la ricerca di un facile consenso, ma solo attraverso investimenti e sviluppi coerenti di lungo termine, con il coinvolgimento attivo di tutte le componenti della filiera e delle Istituzioni centrali e regionali.

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