Muoversi 1 2023
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Il punto di vista della politica

IL PUNTO DI VISTA DELLA POLITICA

Nelle interviste che seguono abbiamo chiesto a due parlamentari, di maggioranza e di opposizione, un’opinione sulla fase storica in atto e sulle sfide che ci aspettano.

SULLA LEGGE DI BILANCIO NON AVREMMO POTUTO FARE MEGLIO DI COSÌ

intervista a Riccardo Zucconi

Riccardo Zucconi

Deputato,
Fratelli d’Italia

La legge di bilancio è stata appena approvata. Alcuni, con toni più o meno accesi, hanno detto che non era quello che serviva. Cosa si poteva fare di più o diversamente?

C’è sempre qualcuno scontento di qualcosa, soprattutto quando si tratta di un provvedimento così importante e difficile. Siamo arrivati in corsa e abbiamo fatto tutto ciò che ritenevamo importante fare, in tempi brevi, dando priorità nell’ aiutare cittadini e imprese a pagare le bollette e a combattere la povertà energetica.

Sicuramente si poteva fare di più, ma con un pizzico di presunzione, mi permetto di dire, che non avremmo potuto fare meglio di così.

Il nostro impegno è costante e il Governo Meloni sta lavorando giorno e notte per dare al Paese una politica nazionale e internazionale concreta lavorando non solo sulle emergenze, ma anche con una prospettiva di lungo periodo.

La tassazione degli extra profitti è stata riscritta in linea con quanto previsto a livello europeo. La ritiene una utile misura redistributiva o solo uno strumento per fare cassa?

Per il 2023 le regole cambiano e si allineano al regolamento comunitario del 6 ottobre 2022 che consente agli Stati membri di introdurre un contributo straordinario per far fronte all’emergenza dei costi dell’energia. La nuova tassa che varrà soltanto per il 2023, sarà pari al 50% dell’incremento di reddito complessivo Ires superiore di almeno il 10% rispetto alla media dei redditi complessivi conseguiti nei quattro periodi d’imposta precedenti al 2023. Le imprese che saranno chiamate a versare il contributo sono circa 7.000. Sono esclusi tutti colo che svolgono attività di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché dalle piccole e microimprese che esercitano l’attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione. Si tratta assolutamente di una misura straordinaria, utile e che comporta una ridistribuzione dei costi per far fronte all’emergenza energetica.

Recentemente si è parlato della possibilità di intervenire con modifiche sul PNRR. Ci sono spazi, secondo lei, per correggere alcune forzature in particolare sulle automotive?

L’obbiettivo del Governo è quello di riconvertire e consolidare la filiera nazionale delle automotive per garantire la sostenibilità ambientale. Noi abbiamo 8,7 miliardi fino al 2030 come fondo automotive e ci sono ancora 14 miliardi tra risorse nazionali, Pnrr e IPCEI fino al 2030. Dobbiamo dunque investire verso forme produttive innovative e sostenibili.

In un’Europa scossa dal Qatargate in diversi hanno cominciato ad avanzare il dubbio che le scelte politiche anche in materia di automotive siano state frutto di pressioni esterne. Che idea si è fatto in proposito?

Con il Qatargate sono molti i settori che ne hanno risentito, se non altro in termini di credibilità. Detto ciò non credo che sia opportuno mettere in dubbio le scelte politiche messe in campo nel settore dell’automotive. Credo piuttosto che per la filiera siano stati previsti nel Pnrr fondi che potrebbero non essere sufficienti, visti i cambiamenti che viviamo di mese in mese. Ma in questo faremo di tutto per rendere le procedure più rapide e snellire ove possibile.

Si è anche tornati a parlare di nucleare. Cosa ne pensa?

Che si dovrebbe investire sull’energia nucleare di nuova generazione, come la fusione nucleare. Voglio ricordare la notizia dell’opportunità di un “guadagno netto di energia” (ottenere più energia di quella impiegata per provocare la reazione) nel processo della fusione nucleare a fini energetici, per far fronte al cambiamento climatico con energia pulita riportata ultimamente dal Financial Times che dal Washington Post. Riportano un esperimento effettuato a dicembre 2022 dai ricercatori del National Ignition Facility presso il Lawrence Livermore National Laboratory in California in cui si utilizza la fusione nucleare in quanto tecnologia molto più sicura della fissione nucleare, poiché la prima non può creare reazioni fuori controllo. La produzione di scorie derivanti dalla fusione sarebbe di gran lunga inferiore rispetto a quella derivante dalle radiazioni provocate dalla fissione dove permane la questione dell’utilizzo dei detriti che vengono accumulati in profondità interagendo negativamente con l’ambiente. Non dobbiamo quindi domandarci tra quanto tempo la fusione potrebbe effettivamente alimentare le nostre case, ma pensare che, se i Governi e i privati finanziassero la fusione efficacemente, si potrebbe produrre un prototipo di centrale elettrica a fusione a breve termine. L’Ue ha dichiarato che l’energia nucleare è una delle produzioni meno impattanti quindi noi non possiamo stare fermi a guardare. Non possiamo formare i migliori ingegneri nucleari per poi lasciare che vadano all’estero a fare importanti scoperte. Dobbiamo sfruttare le nostre eccellenze scientifiche per investire nella ricerca.

SULL’ENERGIA L’EUROPA NON PUÒ ANDARE IN ORDINE SPARSO

intervista a Luigi Marattin

Luigi Marattin

Deputato, Italia Viva

La legge di bilancio è stata appena approvata. Che giudizio ne dà?

Dal punto di vista del metodo, è stato uno spettacolo indecente. Un livello di approssimazione, superficialità e dilettantismo che non si era mai visto nelle aule parlamentari.

Dal punto di vista del merito, è una manovra sfilacciata che non interviene sui veri problemi del paese (dagli investimenti privati al fisco, dal welfare al supporto alla competitività) ma si limita ad essere un insieme di piccoli favori. Che nella migliore delle ipotesi sono inutili, più spesso sono dannosi.

Lei ha seguito da vicino la vicenda degli extraprofitti. La ritiene una utile misura redistributiva o solo un modo per fare cassa?

Ero contrario – e lo dissi anche a suo tempo – alla versione del governo Draghi, perché la creazione di una base imponibile ad-hoc comporta innumerevoli distorsioni e iniquità.

La nuova versione è tecnicamente migliore, ma avrebbe almeno dovuto prevedere la deducibilità della vecchia imposta, ove pagata.

Nel 2023 il Governo ha detto che
rivedrà il PNRR. Ci sono spazi secondo lei per correggere alcune forzature in particolare sull’automotive?

Quando si dice “rivedere il PNRR” bisogna intendersi bene su cosa vuol dire. Significa adeguare gli importi nominali all’inflazione, in modo che non sia diminuito il valore reale dell’investimento? O significa ricontrattare le condizionalità in termini di riforme strutturali che sono indigeste all’attuale maggioranza (da quelle sulla concorrenza a quelle sulla lotta all’evasione o la digitalizzazione dei pagamenti)? Perché nel primo caso si troverebbe il nostro sostegno, nel secondo sicuramente no. Se invece si tratta di rivedere parte degli impieghi, allora la risposta ovvia è “dipende da quali”.

In un’Europa scossa dal Qatargate in diversi hanno cominciato ad avanzare il dubbio che le scelte politiche anche in materia di automotive siano state frutto di pressioni esterne.
Che idea si è fatto in proposito?

Ovviamente non ho nessun elemento che possa farmi propendere in tal senso. Influenzare le decisioni politiche con mezzi illeciti è un’attività antica quanto l’uomo, e in ultima analisi la vera linea di difesa è solo recuperare una religione civile di tutela dell’interesse collettivo da parte di chi assolve funzioni pubbliche. Fino a quando questo processo non sarà completato (ed è compito soprattutto delle nuove generazioni che di volta in volta si affacciano alla vita pubblica),
di Qatar-gate ne vedremo ahimè ancora tanti. Sull’automotive poi è mancato un corretto bilanciamento tra gli interessi dell’industria e quelli, sacrosanti, di tutela dell’ambiente.

Dopo il price cap sul petrolio è arrivato anche quello sul gas. Sono strumenti utili o nascondono le debolezze di un’Europa che sul tema della sicurezza energetica negli anni non ha saputo dare risposte concrete?

La competenza della UE sulle tematiche energetiche è solamente concorrente, e nel tempo si è esercitata quasi esclusivamente nella promozione di una liberalizzazione del settore.

Ma le scelte di fondo relative al soddisfacimento del fabbisogno energetico sono saldamente nelle mani degli stati nazionali. I quali in questi decenni sono andati in ordine sparso: dall’investimento in fonti rinnovabili dei paesi del nord, al nucleare francese, passando dalla forte dipendenza di Germania e Italia da petrolio e gas russi.

Per il futuro, mi auguro che la politica abbia la lungimiranza di fare ora le scelte inerenti al soddisfacimento del fabbisogno energetico dei prossimi decenni, contemperando anche in questo caso l’esigenza di abbattere le emissioni di CO2 con quelle di assicurare alle nostre comunità la produzione di energia elettrica di cui hanno e avranno sempre bisogno.