Muoversi 2 2021
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IL PUNTO VENDITA CARBURANTI PUÒ TRASFORMARSI IN UN HUB DI SERVIZI

IL PUNTO VENDITA CARBURANTI PUÒ TRASFORMARSI IN UN HUB DI SERVIZI

di Romano Giglioli


Romano Giglioli

Professore

“Sistemi Elettrici per
l’Energia e Tecnica

ed
Economia dell’Energia”
Università di Pisa

I carburanti alternativi per la mobilità stradale, quali il gas naturale compresso (GNC) e quello liquido (GNL), il diesel e la benzina miscelati con quote crescenti di biocarburanti, stanno incrementando le vendite nelle stazioni di servizio. Ma, sia lo sviluppo tecnologico degli accumulatori elettrochimici che i nuovi regolamenti atti a ridurre l’impatto ambientale della mobilità, hanno indotto i costruttori del settore automobilistico allo sviluppo di veicoli elettrici proponendo sul mercato numerosi nuovi modelli con prezzi che nel breve periodo saranno competitivi con quelli degli attuali veicoli. I maggiori enti internazionali (IEA, WEC, DVL) prevedono che entro il 2030 oltre un terzo di tutti i nuovi veicoli venduti sarà completamente o parzialmente elettrico. Questo sviluppo potrebbe rappresentare una minaccia per i distributori di carburante perché  i veicoli elettrici possono essere caricati a casa, al lavoro o nei parcheggi riducendo così l’acquisto dell’energia per la mobilità presso le stazioni di servizio.

Per capire meglio come questa minaccia possa invece diventare un’opportunità è utile una piccola nota storica.

Tutto questo implica di pensare a una logistica di rifornimento (ricarica) diversa, ma simile a quella attuale, sfruttando la rete delle stazioni di rifornimento trasformate in distributori “multi-fuel”, cioè in grado di rendere disponibili tutti i vettori energetici utilizzati dalla nuova mobilità

Alla fine ‘800 e inizi ‘900 i veicoli a  propulsione elettrica prevalevano su quelli con motore a combustione interna per la facilità operativa (messa in moto, guida) e logistica di rifornimento: l’energia elettrica era presente nelle case delle famiglie benestanti che acquistavano i veicoli elettrici, mentre il carburante per alimentare i motori a combustione interna si acquistava in “farmacia”. Successivamente, con la produzione di massa nelle raffinerie dei combustibili da petrolio e con l’avviamento elettrico, i veicoli con motori a combustione interna prevalsero.

In seguito alle crisi petrolifere degli anni ’70 (Kippur e Iran) riemerse l’interesse per il veicolo elettrico, ma con l’autonomia commercialmente possibile, circa 100km, prevalse l’utilizzo per la mobilità urbana e con una logistica di ricarica a bassa potenza distribuita (parcheggi pubblici e privati).

Il recente sviluppo, sopra citato, delle batterie al litio ha stimolato una produzione di veicoli (nel 2020, nonostante la pandemia, sono stati venduti più di 3 milioni di veicoli elettrici) e l’autonomia è stata fortemente incrementata: quasi tutti i grandi costruttori stanno sviluppando modelli con autonomie tra i 300 e i 500 km (si prevede di venteranno oltre 600 km al 2025) con accumulatori in grado di ricaricarsi  per l’80% in pochi minuti utilizzando sistemi di ricarica in grado di erogare alcune centinaia di kW.

Tutto questo implica di pensare  a  una logistica di rifornimento (ricari ca) diversa, ma simile a quella attuale, sfruttando la rete delle stazioni di rifornimento trasformate in distributori “multi-fuel”, cioè in grado di rendere disponibili tutti i vettori energetici utilizzati dalla nuova mobilità. Contemporaneamente le stazioni possono diventare soggetti autoproduttori di energia elettrica, gestori di tutte le utenze della stazione e, anche, in grado di fornire servizi alla rete elettrica nazionale, incrementando così la quota di business relativa all’energia.

Numerose aziende “tradizionali”, come Ford e Toyota, e digitali, come Google e Uber, stanno investendo molto nello sviluppo di capacità di guida autonoma (AV), con una previsione della quota di mercato delle auto nuove del 25% nel 2035 prevalentemente dedicate alla mobilità  condivisa.  La quasi totalità di questi veicoli sarà elettrica e la ricarica sarà effettuata, mentre i veicoli saranno privi di passeggeri, in aree di parcheggio dedicate situate al di fuori delle aree urbane. Il risultato potrebbe essere un calo del traffico dei clienti nelle stazioni di servizio con una riduzione delle vendite di carburante e dei servizi. Quindi, in una visione di più lungo termine, i gesto ri delle stazioni di servizio dovranno esplorare la possibilità di fornire servizi di supporto ai veicoli, ad esempio offrendo parcheggio notturno, servizi di ricarica “dock station” (anche con ricarica induttiva), manutenzione e riparazione per flotte AV. Le posizioni più adatte per questi hub saranno le aree di servizio nella periferia dei centri urbani con disponibilità di maggiori superfici.

Le stazioni di servizio dovranno pertanto sviluppare una risposta in grado di adeguare i prodotti e i servizi che vendono modificando il loro modello di business, modificare il layout delle loro stazioni di servizio anche in funzione sociale e sfruttare nuovi strumenti digitali

Più in generale i proprietari delle stazioni di servizio, oltre ad investire per ampliare il core business del rifornimento e dei servizi ai veicoli, dovrebbero analizzare ed individuare, in relazione alla loro posizione e catena di appartenenza, quali ulteriori servizi possono essere in grado di fornire alla mobilità come hub, dotandosi di piattaforme informatiche atte a mantenere un rapporto attivo con gli utenti e con i produttori dei veicoli, delle merci e servizi distribuibili nelle stazioni di servizio.

 

Aspettative degli utenti e implicazione sociale delle stazioni di servizio.

Sviluppare nuove modalità di servizio alla mobilità (rifornimento dell’energia e servizi) è certamente il primo passo per ripensare la funzione dell’infrastruttura delle stazioni di servizio, ma questo va accompagnato ad una visione dello sviluppo che tenga conto di ulteriori due aspetti: la centralità dell’utenza e l’implicazione sociale nel rapporto con il territorio.

L’utenza che si approccia alla stazione di servizio per l’acquisto di servizi alla mobilità gradisce anche la  possibilità di acquistare altri servizi: già oggi sono presenti i servizi per la ristorazione, si stanno diffondendo quelli del ritiro degli acquisti online e così via. In particolare, i minimarket sono già presenti sulle stazioni autostradali e di quelle sui principali percorsi stradali, ma possono diventare importanti nelle stazioni poste nei quartieri periferici, dove dovrebbero anche esplorare il modello di negozio senza pilota che consente di far risparmiare offrendo ai clienti un’esperienza digitale rapida e senza interruzioni.

Dovrebbero, in particolar modo le aree si servizio nella periferia dei centri urbani, offrire alla loro utenza una serie di modelli di consegna per i loro prodotti come il servizio di raccolta e consegna a domicilio.

Queste aree di servizio possono essere strutture urbanistiche di riqualificazione delle aree periferiche in grado di sviluppare la funzione di centri di aggregazione anche con attività ludico-culturali e come terminali del trasporto pubblico.

 

Conclusioni

La richiesta di carburanti alternativi per la mobilità, GNL, biocarburanti e l’energia elettrica, l’emergere di nuovi modelli nella mobilità (car sharing, veicoli a guida autonoma) e l’evoluzione delle aspettative dell’utente in termini di convenienza e personalizzazione, stanno trasformando  profondamente il mercato al dettaglio dei carburanti   e l’infrastruttura di distribuzione ad esso sottesa.

Le stazioni di servizio dovranno pertanto sviluppare una risposta in grado di adeguare i prodotti e i servizi che vendono modificando il loro modello di business, modificare il layout delle loro stazioni di servizio anche in funzione sociale e sfruttare nuovi strumenti digitali.