Muoversi 2 2021
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LA STAGIONE DELLE LIBERALIZZAZIONI: SUCCESSO O OCCASIONE MANCATA?

LA STAGIONE DELLE LIBERALIZZAZIONI: SUCCESSO O OCCASIONE MANCATA?

di Carlo Stagnaro


Carlo Stagnaro

Direttore ricerche e

studi Ist. Bruno Leoni

Nel 1985 c’erano, in Italia, circa 36.000 punti vendita carburanti. Nel 1993, anno del superamento dei prezzi amministrati, ancora oltre 29.000. Nel 1998, con l’avvio del processo di liberalizzazione, erano oltre 25.000. Dieci anni dopo, intorno ai 23.000. L’ultimo dato disponibile sul sito dell’unem, relativo al 2018, è di 21.700 impianti. In pratica, nel giro di pochi decenni il numero degli impianti si è ridotto, ma non di molto, mentre i volumi domandati sono prima cresciuti e poi calati fortemente e le caratteristiche e il modello di business sono a loro volta mutati. È aumentata la dimensione media delle stazioni di rifornimento, si è ampliato il novero dei prodotti offerti sia nell’ambito dei carburanti sia al di fuori di esso, è cambiato l’identikit dei gestori, sono comparsi nuovi operatori (gli indipendenti e i supermercati) e altri tradizionali hanno ridimensionato o ceduto le rispettive reti di vendita, in alcuni casi dismettendone i colori.
Questi cambiamenti sono la conseguenza di una molteplicità di cause, tra cui i trend demografici, sociali  e tecnologici, la maggio re efficienza dei motori, le trasformazioni strutturali dell’economia e dei comportamenti delle persone. Ma sarebbe ingenuo non tenere conto dei cambi istituzionali che sono intervenuti, ora anticipando, ora accompagnando queste profonde mutazioni. Le liberalizzazioni, insomma, sono una delle tessere di tale grande caleidoscopio. Le riforme, in realtà, non hanno – in sé – prodotto    i cambiamenti: li hanno, però, consentiti. Sono poi i consumatori che, di fronte a un’offerta più diversificata, hanno manifestato con le loro scelte la preferenza per questa o quella tipologia di offerta e organizzazione. E, di conseguenza, hanno contribuito a indirizzare investimenti e disinvestimenti, a far crescere taluni canali e sgonfiarne altri.

I cambiamenti sono la conseguenza di una molteplicità di cause, tra cui i trend demografici, sociali e tecnologici, la maggiore efficienza dei motori, le trasformazioni strutturali dell’economia e dei comportamenti delle persone. Ma sarebbe ingenuo non tenere conto dei cambi istituzionali: le liberalizzazioni, insomma, sono una delle tessere di tale grande caleidoscopio

Questo nuovo modello, che si è fat to strada in modo contraddittorio, ha funzionato? Dipende. Dipende, anzitutto, da quale obiettivo si  pensava (ex ante) di assegnare alla progressiva apertura del mercato, e da quali criteri si usano (ex post) per valutarne l’efficacia. Certamente, l’esperimento ha avuto successo sotto due profili. In primo luogo, negli anni si è consolidata una convergenza tra i prezzi italiani (al netto delle tasse) e la media europea, segno che la competizione ha effettivamente aggredito le inefficienze di costo e i margini degli operatori – in fondo, è lo stesso meccanismo che ha indotto altri a ridimensionare la propria presenza sul mercato o addirittura abbandonarlo. Secondariamente, la rete ha attraversato una complessiva fase di modernizzazione, grazie alla quale i punti di rifornimento, o almeno gran parte di essi, hanno letteralmente cambiato faccia. Basti dire che, nel 2019, i rivenditori indipendenti gestivano circa un terzo dei punti vendita in esercizio, mentre i maggiori operatori ne avevano la metà: solo dieci anni prima, quasi la totalità degli impianti batteva i colori di questi ultimi. Per guardare a due indicatori abbastanza intuitivi, la quota di impianti dotati di self service supera ormai l’80 per cento, mentre un quarto affianca ai carburanti la vendita di prodotti non oil. Proprio quest’ultimo dato contiene, in realtà, contemporaneamente un elemento di parziale insoddisfazione: la differenziazione dell’offerta avrebbe dovuto essere uno dei driver di cambiamento e, invece, ha faticato a materializzarsi. Ed è anche per questo che la rete di vendita, nel suo complesso, si trova oggi piuttosto spiazzata dalla sfida delle nuove motorizzazioni, dall’elettrico al metano e gpl e forse, un domani, l’idrogeno. La flotta dei veicoli in circolazione non solo sarà sempre meno energivora, ma avrà anche esigenze sempre più diversificate che richiedono non solo investimenti (e quindi finanza), ma anche capacità imprenditoriale e commerciale.
Arriviamo, così, a quello che – rispetto alle aspettative, ma anche nel confronto internazionale – non ha sortito le conseguenze sperate. Se la rete ha conosciuto un lungo e doloroso periodo di contrazione, rimangono rilevanti sacche di resistenza al suo interno. Per  esempio,  chioschi  e  punti isolati – che negli anni Ottanta rappresentavano all’incirca la metà delle stazioni di rifornimento – oggi si sono notevolmente ridotti, scendendo al 31 per cento nel 2000 e al 12 per cento nel 2018. Ma questi oltre duemila punti vendita  appaiono  un  numero ancora significativo, sia tenendo conto dei fondamentali del business – che, a fronte di volumi e margini strutturalmente calanti, premia la diversificazione e la dimensione – sia alla luce del fatto che molti di essi appartengono verosimilmente alla categoria degli impianti “incompatibili”. A dispetto dei tentativi nel corso degli anni di semplificarne la chiusura (e i procedimenti di bonifica dei terreni), l’esito è ancora insoddisfacente.
L’altro fattore di disappunto è relativo all’illegalità tuttora  diffusa nel settore. Solo negli anni più recenti qualcosa si è mosso, con la presa d’atto  che il  contrabbando e l’evasione rappresentavano un’opportunità di corto respiro per coloro che se ne avvantaggiavano, mettendo però a repentaglio la tenuta dell’intero comparto.

Nel complesso, comunque, il settore è cambiato di pari passo al resto del paese: forse troppo, forse troppo poco; forse bene, forse male; ma nella consapevolezza che vivere è cambiare e che la realtà costringe tutti, oggi più che mai, a rispondere in modo innovativo a una domanda sempre più articolata

A quel punto, non solo gli interventi normativi – dalla fatturazione elettronica in poi – ma soprattutto la reazione decisa degli operatori e delle associazioni ha consentito di mettere un freno e avviare un serio contrasto alle condotte illecite. Eppure, bisogna avere il coraggio di riconoscere che queste hanno ricevuto quanto meno un incentivo indiretto dalle feroci guerre di prezzo che si sono scatenate, in un comparto storicamente abituato a dinamiche poco combattive e a margini, se non grassi, quanto meno  soddisfacenti.  Al contrario, la corsa allo “sconto” per attrarre clienti, anche sulla scorta della maggiore informazione e della più facile confrontabilità delle offerte, ha probabilmente contribuito a indurre molti a rifugiarsi nell’illegalità, pur di non essere spinti ai margini del mercato.
Questo lascia intendere che sarebbe stato opportuno prevedere fin da subito quel capillare sistema di controlli che solo recentemente è stato messo in piedi, e che tuttavia non avrebbe potuto ottenere risultati senza la cooperazione e la solidarietà di gran parte del settore. Naturalmente, cose che appaiono ovvie col senno di poi non erano affatto scontate quando tutto questo cominciò.
Nel complesso, comunque, il  settore è cambiato di pari passo al resto del paese: forse troppo, forse troppo poco; forse bene, forse male; ma nella consapevolezza che vivere è cambiare e che la realtà costringe tutti, oggi più che mai, a rispondere in modo innovativo a una domanda sempre più articolata.