Muoversi 2 2021
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RETE CARBURANTI: I VERI NODI DA RISOLVERE

RETE CARBURANTI:
I VERI NODI DA RISOLVERE

di Claudio Spinaci

Claudio Spinaci

Presidente

Unione Energie per la Mobilità - unem

L’Italia è uno dei Paesi europei con il più alto tasso di motorizzazione, circa 660 auto ogni 1.000 abitanti, ma anche con il parco auto più vecchio (in media oltre 11 anni rispetto agli 8 del Regno Unito e ai 9 di Francia e Germania).

Del resto, come è emerso dall’ultimo rapporto di Isfort (vedi muoversi 1/2021, ndr), gli italiani non sembrano disposti a rinunciare all’auto, non solo in questa fase di emergenza sanitaria che ha ridotto la fiducia verso le altre modalità di trasporto, ma anche in prospettiva futura, per alcune carenze strutturali del sistema dei trasporti nonché per le peculiarità del nostro territorio.

Occorre quindi prevedere il permanere della mobilità privata come scelta prevalente degli italiani e renderla compatibile con il necessario processo di decarbonizzazione in atto.

È una vera sfida che richiederà il concorso di più interventi e su diversi fronti, dalla fluidificazione del traffico all’evoluzione delle motorizzazioni e dei prodotti energetici per alimentarle. Come abbiamo visto più volte anche sulle pagine di questa rivista, le opzioni ci sono e sono diverse ed ognuna dovrà dare il suo contributo.

L’evoluzione della domanda richiederà dunque un nuovo assetto della rete di distribuzione, oggi dedicata quasi esclusivamente ai carburanti di origine fossile, per garantire la disponibilità di tutte le nuove forme di energia per la mobilità e continuare ad assicurare una copertura capillare su tutto il territorio nazionale.

Una rete che si è rivelata di valore strategico nell’accompagnare la crescita e lo sviluppo economico del Paese e che continua a garantire un servizio essenziale. come è avvenuto in questa ormai lunga fase di emergenza sanitaria. Una infrastruttura che è stata oggetto nei decenni scorsi di ripetuti interventi normativi che, però, non sono riusciti a renderla più efficiente e in linea con gli standard europei, dai quali, anzi, ci si è sempre di più distanziati. Solo limitandoci agli interventi degli ultimi 20-25 anni, dal primo tentativo di liberalizzazione attuato con il Decreto Legislativo n. 32/98 alla più recente norma sui punti vendita incompatibili, il bilancio non si può certo dire dei più positivi.

L’evoluzione della domanda richiederà dunque un nuovo assetto della rete di distribuzione, oggi dedicata quasi esclusivamente ai carburanti di origine fossile, per garantire la disponibilità di tutte le nuove forme di energia per la mobilità e continuare ad assicurare una copertura capillare su tutto il territorio nazionale

Nonostante gli sforzi, oggi la rete italiana si trova ancora in uno stato di profonda difficoltà, con un numero di punti vendita che sono circa il doppio di quelli dei principali partner europei, con un erogato che è meno della metà e uno scarso sviluppo delle cosiddette attività non-oil che in altri Paesi concorrono in modo rilevante agli economics di un impianto. Al di là dei motivi per cui tale congerie di norme non ha prodotto i risultati sperati, resta il fatto che l’adeguamento della rete continua ad essere un problema strutturale del nostro settore e del Paese da affrontare e risolvere, senza nuovi rinvìi, essendo ormai necessari significativi investimenti per la sua evoluzione verso una nuova mobilità.

Tuttavia, per ristrutturare la rete, in un quadro di progressiva contrazione dei consumi e di diffuse pratiche illegali che impediscono una competizione basata sull’efficienza, è necessario un chiaro indirizzo politico, da attuare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale evitando gli errori del passato ed elaborato con il contributo di tutti gli operatori nazionali e internazionali. L’alternativa è lasciare degradare ulteriormente una situazione già molto vicina al punto di non ritorno, come si può facilmente capire scorrendo l’ultimo rapporto della Direzione investigativa antimafia secondo cui *le imprese del settore sono divenute terra di conquista per la criminalità organizzata che dispone di ingenti liquidità da attività illecite’’. La pandemia sta dando una mano alla criminalità che approfitta della vulnerabilità dei molti soggetti in profonda crisi finanziaria. Dunque, non è più solo una questione di assetti industriali o commerciali. A nostro avviso le leve su cui agire sono evidenti e le abbiamo più volte questo il PNRR, almeno nella versione sottoposta alle Camere, non se ne occupa minimamente, richiamando la rete solo per ospitare l’installazione delle colonnine elettriche che, seppure necessarie, rappresentano un assoluto dettaglio.

È poi necessario ampliare i possibili contratti con i gestori, per rivalutare una figura professionale che diventerà centrale nel nuovo concept di impianto “multi-prodotto” e “multi-service”. Tipologie contrattuali che dovranno essere di riferimento per tutti gli operatori, senza eccezioni

Oggi, invece, abbiamo la forte necessità di riavviare un confronto e dare una prospettiva ad un settore che attraversa una grave crisi. Confronto che si era tentato di riaprire, prima con la risoluzione De Toma approvata a fine 2019 e poi con il tavolo avviato a gennaio di quest’anno dalla ex Sottosegretaria al Mise, Alessia Mora- ni. In questi giorni la Sottosegretaria al Mite, Vannia Gava, ha annunciato in Parlamento di volere riprendere il discorso anticipando un approccio che condividiamo. Siamo naturalmente disponibili a portare il nostro contributo. Si dovrà ripartire con il capire i limiti dimostrati dai precedenti interventi legislativi, per assicurare un’applicazione omogenea delle nuove misure a tutti i soggetti e nei vari territori, un sistema di controlli che contrasti i fenomeni illegali, intesa non solo sotto il profilo delle frodi fiscali, ma anche del rispetto delle norme di sicurezza stradale e del dumping contrattuale. La responsabilità dei precedenti fallimenti è di tutti i soggetti coinvolti: sia privati che pubblici, sia della parte imprenditoriale che di quella sindacale. È giunto il momento di mettere da parte gli interessi particolari, i luoghi comuni e le rendite di posizione ed avviare un processo di vero cambiamento. Il riferimento è lo standard europeo che da tanti anni viene invocato, ma che poi si fa di tutto per rallentarne la realizzazione. Per fare questo occorre una politica forte, ma soprattutto competente, che comprenda i veri problemi della filiera e che non resti ammaliata da soluzioni superficiali spesso di parte. O si va avanti in fretta o si avrà un decadimento irreversibile. Riproporre nuovi interventi, senza una visione di insieme, senza rimuovere i fattori di “impedimento” attualmente presenti sarebbe del tutto inutile. Anzi, penalizzerebbe i soggetti realmente interessati alla rivitalizzazione della rete distributiva con la creazione dei Punti Vendita energie per la mobilità.

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