Muoversi 2 2021
9

UN BRAND CHE IDENTIFICHI IL SERVIZIO E NON IL CARBURANTE

UN BRAND CHE IDENTIFICHI IL SERVIZIO E NON IL CARBURANTE

di Pierluigi del Viscovo


Pierluigi del Viscovo

Direttore Centro Studi

Fleet&Mobility

Per un distributore, farsi preferire dagli automobilisti è una sfida tra le più antiche del marketing e anche tra quelle con minore successo. Già il fatto di definirsi stazione di servizio è un tentativo di comunicare che lì venga offerto un valore, oltre al rifornimento di una commodity per definizione, il carburante.
Gli automobilisti sanno che la benzina e il gasolio sono equivalenti, quale che sia il brand della stazione. Allora, possiamo già trarre una prima conclusione dall’esperienza di oltre mezzo secolo: identificare le stazioni con il brand della rete da cui si riforniscono è molto poco efficace. Tanto poco che la preferenza dei clienti è ottenibile solo attraverso campagne promozionali basate sulla raccolta punti, salvo poi cedere quei clienti al concorrente della campagna successiva.
Quanto poco sia il contributo del brand è stato reso palpabile proprio dall’apparizione delle stazioni unbranded, cosiddette pompe bianche, che devono vincere l’insicurezza degli automobilisti a mettere nel serbatoio liquidi che non siano garantiti da una marca nota. In pratica, un brand vale l’altro, purché ci sia. Se questo manca, allora il vuoto si fa sentire, generando qualche dubbio nei clienti. A quel punto, una pompa bianca in genere ricorre al prezzo come leva per attrarre i clienti, grazie anche ai margini superiori che riesce a spuntare da una gestione indipendente. Le stazioni “non bianche” riescono a fatica a stare leggermente sopra le rivali, ma continuano a competere tra loro sulla base del prezzo, non avendo trovato il modo di spostare la gara sul campo del valore aggiunto.

Dunque, resta la domanda se ci siano altre leve da muovere e come. Abbiamo visto che il brand, come in ogni altro settore evoluto, è conosciuto dai clienti e potrebbe essere portatore di valori. Purtroppo, oggi nella distribuzione carburanti il brand identifica il prodotto, verso cui i clienti non nutrono particolari aspettative, se non quella che sia effettivamente tale, senza sorprese.

Dall’esperienza di oltre mezzo secolo, identificare le stazioni con il brand della rete da cui si riforniscono è molto poco efficace. Tanto poco che la preferenza dei clienti è ottenibile solo attraverso campagne promozionali basate sulla raccolta punti, salvo poi cedere quei clienti al concorrente della campagna successiva

Le reti di distribuzione hanno impostato dall’inizio questa uguaglianza tra il prodotto e la stazione che lo erogava. Hanno provato moltissimo a creare la percezione di un valore aggiunto del servizio, ma la forza del brand centrato sul prodotto  rende va difficile questo e alla fine hanno cambiato strategia, pur conservando le raccolte punti. Una strategia è stata quella di uscire dalla distribuzione, ritenuta poco redditizia. Chi è rimasto ha immaginato di poter poggiare l’equilibrio economico della stazione solo in parte sul servizio all’auto, aggiungendo un’altra gamba, quella dei servizi all’automobilista:  tipicamente  il bar, ma recentemente anche altro, come il ritiro dei pacchi Amazon. Sono offerte facili da disegnare sulla carta. Ben più complicato farle funzionare. Un gestore di pompa non è un gestore di bar/ristorazione o di negozio. Una stazione ha degli spazi pensati per fermate brevi e veloci, più che per la sosta. Tutti punti che, sia detto incidentalmente, dovrebbero trovare spazio anche nella mente di chi immagina che molte auto possano passare dal rifornimento dei liquidi nel serbatoio in minuti alla ricarica della batteria in ore. Sembra dunque inevitabile per la stazione puntare a una sostenibilità fondata sulla vendita dei carburanti e sull’erogazione di tutti i servizi possibili all’auto, dalla pressione degli pneumatici ai livelli dei liquidi, dallo stato della batteria al lavaggio, anche solo dei vetri. Tutte  cose che vanno vendute  e non offerte gratuitamente, perché sono frutto di tempo e lavoro di personale più o meno qualificato.
Far percepire questi valori ai clienti non è semplice, dopo decenni di erogazione gratuita, tuttavia è indispensabile farlo. Avere un brand conosciuto e stimato, che investa su sé stesso in comunicazione, può certamente aiutare. Magari, che sia un brand dedicato alle stazioni di servizio e non a uno dei prodotti che queste erogano, il carburante, per quanto  esso  resti la ragione prevalente, spesso l’unica, dell’ingresso del cliente.

Sembra dunque inevitabile per la stazione puntare a una sostenibilità fondata sulla vendita dei carburanti e sull’erogazione di tutti i servizi possibili all’auto. Tutte cose che vanno vendute e non offerte gratuitamente, perché sono frutto di tempo e lavoro di personale più o meno qualificato

L’automobilista dovrebbe sapere, scegliendo un’insegna per il rifornimento, quali altri servizi troverebbe e a quali condizioni, di qualità e di prezzo. Non si costruisce nulla lasciando alla benevolenza e alla cortesia del singolo operaio il lavaggio dei vetri o la misurazione degli pneumatici.

Concludendo, se le stazioni  vogliono competere sul servizio, devono venderli e non regalarli e costruire un brand, diffuso sulla rete, che identifichi il servizio, non il carburante.