Muoversi 2 2022
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ALLE ORIGINI DEL “CARO ENERGIA” IN EUROPA E IN ITALIA

ALLE ORIGINI DEL “CARO ENERGIA”

IN EUROPA E IN ITALIA

di Vittorio D’Ermo

Vittorio D’Ermo

Professional Fellow WEC Italia

Nell’anno appena trascorso la ripresa delle attività produttive favorita  dai successi nella lotta al COVID-19 ed il graduale ritorno alle abitudini, sospese per un lungo periodo di tempo, ha portato ad un sensibile aumento della domanda di energia a livello mondiale, che è stata soddisfatta in prima battuta dalle fonti fossili come il petrolio ed il gas. Ciò in assenza di  un balzo sostanziale delle fonti rinnovabili che hanno trovato ostacoli nel rallentamento delle attività economiche del 2020 ed  impedimenti sul piano della localizzazione degli impianti, fenomeno particolarmente accentuato in Italia.

A spingere al rialzo le quotazioni del greggio hanno anche contribuito le preoccupazioni sulla capacità dell’offerta di soddisfare la domanda visto che negli ultimi anni l’ottimismo sulla rapida espansione delle rinnovabili ha portato a ridimensionare molti programmi di investimento delle compagnie petrolifere

Nel caso dell’Europa il rimbalzo della richiesta di prodotti petroliferi è direttamente ricollegabile alla ripresa del trasporto di persone e merci su strada e via mare ed al recupero, per quanto parziale, del trasporto aereo dopo i vari lockdown.

La ripresa della domanda si è ripercossa sui prezzi del greggio con aumenti che, soprattutto a partire dalla primavera 2021, si sono fatti sempre più consistenti, muovendosi comunque nella forchetta 60-80 dollari/barile.

A spingere al rialzo le quotazioni del greggio hanno anche contribuito le preoccupazioni sulla capacità dell’offerta di soddisfare la domanda visto che negli ultimi anni l’ottimismo sulla rapida espansione delle rinnovabili ha portato a ridimensionare molti programmi di investimento delle compagnie petrolifere.

Tutto ciò ha contribuito a rafforzare il ruolo dell’OPEC e delle sue decisioni che sono state molto attente a non provocare surplus e a mantenere il mercato mondiale in equilibrio con prezzi tali da assicurare un livello di entrate adeguate a recuperare il crollo del 2020.

Il 2021 è stato anche un anno di svolta per il mercato del gas  naturale che si è trovato di fronte ad un aumento di domanda di circa il 7 %, assolutamente imprevisto: le cause sono attribuibili ad una serie di fattori che vanno dalla accelerazione del processo di chiusura di centrali a carbone, in relazione alle politiche di decarbonizzazione dell’Unione europea, alla riduzione dell’apporto nucleare per problemi tecnici e chiusura di impianti, al ridotto apporto, rispetto alle previsioni,  delle rinnovabili per motivi climatici  (scarsa ventosità nel nord-Europa e scarsa idraulicità).

Ciò rispetto ad un’offerta che a livello europeo è diminuita sensibilmente negli ultimi anni a causa del calo degli investimenti. Tutto ciò ha   determinato un netto balzo delle importazioni, e quindi dei prezzi, che si sono mossi con dinamiche diverse rispetto al passato, dando luogo ad un fenomeno del tutto nuovo: lo sganciamento  del prezzo del gas  da quello del petrolio che, con ogni probabilità, si estenderà anche al futuro.

All’inizio del 2021 il prezzo del gas importato in Italia, comunque rappresentativo della situazione europea, era ancora inferiore a quello del petrolio nella misura di circa il 30%, ma già nel mese di giugno, con il progredire della domanda, sostenuta in particolare dal settore termoelettrico, tale percentuale era già scesa al 20 %.

A partire dal mese di agosto la situazione ha subito un cambiamento epocale e il prezzo del gas ha superato quello del petrolio, normalmente più volatile perché più sensibile ad eventi geopolitici o a minacce riguardanti la continuità degli approvvigionamenti.

Il mercato del gas in Europa, infatti, non è più dominato da contratti a lungo termine, ma dal mercato spot e quindi con prezzi determinati dallo stato della domanda e dell’offerta e, nella particolare situazione che si è venuta a creare nel corso dell’anno, con un fortissimo impatto sulle sue quotazioni all’HUB olandese TTF che fa da riferimento per tutta l’Europa.

È proprio a partire da questo momento che il fenomeno del “caro energia” assume proporzioni sempre più allarmanti e ricadute drammatiche sui consumatori europei.

Sull’economia italiana tale effetto dirompente è stato ancora accentuato dal fatto che nel nostro paese i prezzi praticati agli utenti del mercato “tutelato” sono indicizzati, diversamente dal passato, proprio a quelli del mercato spot. Meglio è andata agli utenti del mercato “libero”

Una condizione che non ha precedenti nemmeno nelle grandi crisi energetiche prevalentemente incentrate sul petrolio.

Sull’economia italiana tale effetto dirompente è stato ancora accentuato dal fatto che nel nostro paese i prezzi praticati agli utenti del mercato “tutelato” sono indicizzati, diversamente dal passato, proprio a quelli del mercato spot. Meglio è andata agli utenti del mercato “libero” che avevano sottoscritto contratti con formule ad esempio a prezzo fisso, che non sono stati colpiti da questo eccezionale rialzo. In ogni caso, il sistema Italia ha dovuto fare i conti con una emergenza piena di rischi per la continuità della ripresa.

Nuova fiammata sul finire dell’anno, con  quotazioni internazionali arrivate a superare i 114 euro MWh (equivalenti a 200 dollari/barile), proprio mentre i prezzi del petrolio facevano registrare un certo ribasso, peraltro in un contesto di netto peggioramento del quadro geopolitico per  l’inasprimento dei rapporti tra Russia, Europa e Stati Uniti.

In conclusione, il 2021 è stato un anno di crescenti preoccupazioni  per i consumatori  finali che hanno avvertito il peso degli aumenti dei prezzi dell’energia rispetto ai livelli eccezionalmente bassi del 2020 ma anche ai livelli del 2019.

Ancora più evidente è stato l’impatto del “caro energia” in questa prima parte di 2022, atteso come l’anno del consolidamento della ripresa economica,  sconvolto però da eventi del tutto inattesi. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, impegnata nella riconquista del ruolo di grande potenza mondiale, perso dopo la caduta del muro di Berlino, ha infatti aperto uno scenario del tutto nuovo nelle  relazioni internazionali ed ha anche sconvolto i mercati energetici che hanno perso molti dei  tradizionali punti di riferimento .

Temi come diversificazione e indipendenza energetica passati in secondo piano negli ultimi anni a vantaggio quasi esclusivo dei problemi legati al cambiamento climatico, sono drammaticamente tornati d’attualità nella prospettiva di interruzioni delle importazioni di fonti di energia essenziali per l’economia europea, a partire dal gas naturale.

L’Unione europea, gli Stati Uniti, ed anche una larga parte della Comunità internazionale rappresentata dalle Nazioni Unite, hanno dichiarato inaccettabile l’invasione armata di uno Stato sovrano imponendo dure sanzioni dirette a mettere in difficoltà l’economia e la finanza russa, sostenendo al contempo l’Ucraina sul piano militare.

In questo contesto i prezzi del petrolio e del gas hanno subito nuovi drammatici aumenti. All’inizio di aprile, dopo oltre un mese di combattimenti, la situazione appare ancora più complessa anche dal punto di vista della individuazione di un nuovo assetto dell’area che sia accettabile per entrambe le parti. I tentativi di mediazione non sono ancora riusciti a trovare una base di partenza, almeno per un cessate il fuoco. Il Brent, quotato sul mercato dei futuri, si è attestato poco sotto i 110 dollari/barile rispetto ad una media settimanale di 112,6, mentre la media di marzo  si è  attestata sui 111 dollari/barile, valore che ben sottolinea lo spessore della crisi in atto. L’indicatore del caro-energia in Europa, rappresentato dalla media settimanale dei prezzi del Brent e del gas scambiato all’HUB olandese TTF, espressi in dollari per barile, è rimasto nell’ultima settimana di marzo intorno ai 149 dollari/barile, livello con un elevatissimo potere inflazionistico e di assoluto allarme per il suo impatto sui costi di produzione delle imprese e sull’inflazione.

I mercati, e non solo quelli energetici, rimangono quindi molto volatili in quanto percepiscono l’entità del cambiamento che si sta delineando ed anche perché il prolungarsi della crisi sta compromettendo il normale funzionamento degli scambi.

Uno dei temi più delicati è quello di un arresto delle esportazioni russe di petrolio e prodotti a causa di un embargo dichiarato dei paesi europei o, ipotesi meno probabile, dalla Russia. Anche se a livello globale un taglio dell’export produttivo della Russia potrebbe essere in qualche modo compensato da altri paesi, a partire dall’Arabia Saudita, dove però non mancano segnali di tensione, l’impatto sarebbe comunque molto pesante anche dal punto di vista logistico. L’Europa, ad esempio, importa dalla Russia circa il 28 % del suo fabbisogno di petrolio greggio e circa il 40% di prodotti, certamente non sostituibili dall’oggi al domani. I mercati scontano anche queste preoccupazioni con quotazioni su livelli eccezionalmente elevati, ma anche con delle anomalie come quelle del greggio russo Ural svenduto al 30% di sconto a nuovi clienti come l’India.

Un ruolo determinante è anche affidato alle politiche energetiche che fino a poco tempo fa sono state dominate da un troppo facile ottimismo sulla capacità di trasformazione dei sistemi che, invece, richiede tempo e può avvenire solo senza preconcetti

In questo momento non è facile fare previsioni sulla conclusione del conflitto e sui tempi necessari per un ritorno alla normalità: è comunque molto probabile che i prezzi dell’energia rimarranno ancora a lungo su livelli elevati prima che i mercati trovino un nuovo punto di equilibrio.

Un ruolo determinante è anche affidato alle politiche energetiche che fino a poco tempo fa sono state dominate da un troppo facile ottimismo sulla capacità di trasformazione dei sistemi che, invece, richiede tempo e può avvenire solo senza preconcetti, utilizzando in modo efficiente tutte le risorse comprese le fonti fossili. Solo in questo modo sarà possibile evitare che il fenomeno dei rialzi incontrollati diventi la regola e non l’eccezione.