Muoversi 2 2022
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BASTA CON LA POLITICA DEGLI ANNUNCI, È IL MOMENTO DI FARE I CONTI CON LA REALTÀ

BASTA CON LA POLITICA DEGLI ANNUNCI,  È IL MOMENTO DI FARE I CONTI CON LA REALTÀ

di Chicco Testa

Chicco Testa

Presidente FISE Assoambiente

Una domanda fra le altre si fanno tutti coloro che in questi giorni terribili si trovano a combattere con la folle impennata dei prezzi dell’energia: questa situazione rallenterà la transizione ecologica? E quale responsabilità eventualmente essa ha nella situazione che si è creata?

Eppure era così difficile rendersi conto che l’uscita della fonti fossili (ogni giorno il mondo consuma 100 milioni di barili di petrolio, 3.800 miliardi di metri cubi di gas e circa 3.700 Mtep di carbone) è un compito immane, assomiglia più all’avanzare lento e regolare del podista che allo scatto del centometrista?

L’Europa e le sue Istituzioni rispondono con una sola voce che no, assolutamente no, anzi occorre rilanciare perché solo l’uscita dai combustibili fossili può ridurre la dipendenza del nostro continente dalla forniture del gas e del petrolio russi. Come non essere d’accordo! Già. Solo che nel frattempo le urgenze da affrontare vanno nella direzione opposta. Non solo in Italia ma in tutta Europa. Centrali a carbone rivitalizzate, terminali gas da costruire, due ordinati freschi freschi in Italia e due in Germania, ricerca di forniture di gas alternative nel Nord Africa e dagli Usa, che a loro volta rilanciano il fracking, ripresa delle attività estrattive nel Mediterraneo e nei mari del Nord. Più il rinvio della chiusura delle centrali nucleari, per chi ce le ha e le voleva chiudere in nome di un’ecologia male intesa, che tornano a svolgere, quasi un memento, il ruolo per cui sono state costruite dopo la grave crisi energetica degli anni ’70, che già mise a nudo la debolezza geopolitica, a causa della mancanza di risorse energetiche dell’Europa. 

Ma se mentre immagini un futuro di altro tipo sei costretto a rincorrere quello che consideri il passato, forse qualche domanda te la devi fare.  Se ti sei innamorato di un’altra persona, mi si perdoni il paragone irriverente, ma non riesci a staccarti dal vecchio rapporto matrimoniale, che ti dà sicurezza e certezze… be’, c’è qualche cosa che non va.

Qualche responsabilità la transizione ecologica, lo story telling, che la ha accompagnata ce l’ha eccome. Ci siamo illusi, o così ci hanno fatto credere, che l’uscita dai combustibili fossili fosse dietro l’angolo, che non si dovessero fare più investimenti nelle ormai inutili fonti fossili e ci siamo trovati, ancor prima dello scoppio della guerra russo -ucraina, con uno squilibrio fra domanda e offerta che ha fatto impennare i prezzi e messo in ginocchio le famiglie europee e molti settori economici. Eppure era così difficile rendersi conto che l’uscita della fonti fossili (ogni giorno il mondo consuma 100 milioni di barili di petrolio, 3.800 miliardi di metri cubi di gas e circa 3.700 Mtep di carbone) è un compito immane, assomiglia più all’avanzare lento e regolare del podista che allo scatto del centometrista? Era così difficile rendersi conto che una transizione pensata e attuata solo in Europa nei termini che conosciamo sarebbe stata fragile e nuda di fronte alla complessità geopolitica degli scambi di energia? Fuori dall’Europa e dagli USA vivono i 4/5 della popolazione mondiale, affamati di energia e con priorità che non sono le nostre. E attenzione: il problema non riguarda solo le fonti fossili. Già stanno cominciando gli allarmi per lo shortage che comincia a colpire settori decisivi della transizione, come i componenti delle batterie e dei pannelli fotovoltaici, che dopo anni di discesa dei prezzi hanno cominciato a risalire. L’Agenzia internazionale per l’energia ha pubblicato solo l’anno scorso un rapporto in cui si immaginava, per raggiungere l’obbiettivo delle “zero emissioni” al 2050, di smettere da subito di investire nella ricerca di nuovi giacimenti fossili. Salvo oggi richiedere a gran voce ai produttori mondiali di aumentare la loro offerta sul mercato.

L’impressione che la ricerca di un facile e demagogico consenso politico abbia prevalso e continui a prevalere sulla fredda razionalità che deve sapere calcolare le conseguenze delle proprie azioni non solo a breve ma per lo meno nel medio periodo, sapendo difendere i propri interessi

L’impressione che la ricerca di un facile e demagogico consenso politico abbia prevalso e continui a prevalere sulla fredda razionalità che deve sapere calcolare le conseguenze delle proprie azioni non solo a breve ma per lo meno nel medio periodo, sapendo difendere i propri interessi. Dico di più: anche la percezione di un discreto dilettantismo in chi fa le scelte energetiche europee. Desta sgomento ripensare alla surreale discussione sulla tassonomia verde europea dove si dibatteva della possibilità di escludere gas e nucleare. Oggi il Cancelliere tedesco dice che senza gas il suo Paese si ferma e rimanda, come il Belgio, la chiusura delle centrali nucleari. Non riesce però a fare dimenticare la follia di avere chiuso pochi mesi fa alcune centrali nucleari perfettamente funzionanti. Ma c’è la guerra! Sì, ma anche no. I prezzi, come abbiamo detto, hanno cominciato a crescere prima della guerra e molti temono che un maggiore livello del costo dell’energia ci accompagnerà nei prossimi anni. I colpi sull’economia europea possono essere drammatici. Recessione e stagflazione sono compagni di viaggio assimilabili allo scorpione sul dorso della rana.

Che fare? Errare è umano, perseverare diabolico.

Nessuno vuole buttare a mare la transizione. Le rinnovabili possono sicuramente dare una bella mano nella riduzione di quella parte di combustibili fossili che serve a produrre elettricità. I prezzi alti dell’energia rappresentano per esse un grande incentivo. Ricordandoci però sempre che l’elettricità rappresenta il 20% dei nostri consumi energetici totali. Le rinnovabili possono quindi aiutarci a ridurre i costi se saranno remunerate equamente e non sulla base del marginal price che è dominato dal costo del gas.

Idem l’efficienza energetica.

Ma occorre finirla con una narrazione che contrappone rinnovabili e combustibili fossili. Nessuno scenario ragionevole può puntare sulla totale elettrificazione dei consumi e sul 100% di energia elettrica prodotta solo con rinnovabili in un tempo ragionevolmente breve. I combustibili fossili, meglio se decarbonizzati, ci accompagneranno per decenni ancora e avere la loro disponibilità a prezzi contenuti è fondamentale. E basta anche con la presunzione europea di volere salvare il mondo da sola. Il consumo di carbone in Cina è cresciuto nell’anno passato del 6% e il rapporto IPCC relativo al 2021 ci dice che le emissioni hanno raggiunto per quantità nell’anno il loro picco storico. E, recessione a parte, il 2022 si annuncia anche peggiore. L’Europa ha il dovere di proteggere i suoi cittadini e la sua economia. Di non buttare a mare interi settori produttivi, l’auto per esempio, prima di avere a disposizione alternative valide da ogni punto di vista, compresi i costi che i consumatori devono pagare. Con questi prezzi dell’energia la transizione veramente corre il rischio di affossarsi da sola, sotto il montare dello scontento. Intanto è già venuta meno una delle promesse della transizione: l’equità. I ceti sociali meno abbienti pagano un prezzo proporzionalmente assai più alto e veramente insostenibile. Il contrario di quello che sarebbe dovuto avvenire.

Forse anche per la UE è venuto il momento di fare i conti seriamente con la realtà.