Muoversi 2 2023
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SULLE QUESTIONI STRATEGICHE NON PUÒ DECIDERE SOLO IL MERCATO

SULLE QUESTIONI STRATEGICHE NON PUÒ DECIDERE SOLO IL MERCATO

intervista a Nicola Procaccini di Marco D’Aloisi

Nicola Procaccini

Copresidente Gruppo Conservatori e Riformisti europei

Gli ultimi due anni sono stati un banco di prova per la tenuta energetica dell’Europa. Come giudica quanto fatto sinora?

Il tema energia è un punto centrale per lo sviluppo e la stabilità dell’Europa e quindi su di esso si è misurata la tenuta dell’intero sistema della UE che ha rischiato di vacillare sotto i colpi delle vicende di questi ultimi mesi. È chiaro che la sfida di realizzare una autonomia energetica oggi più che mai è il presupposto per una autonomia politica, soprattutto rispetto ad autocrazie come la Cina o agli Stati autoritari di Africa e Medio Oriente. L’Europa avrebbe potuto e dovuto agire prima e meglio ed ha dimostrato poca capacità reattiva e decisionale su temi come gli acquisti congiunti di gas o sul price cap. 

E sul PNRR?

È positivo che la Commissione abbia finalmente aperto alla modifica del PNRR e alla possibilità di poter attingere a tali fondi per aumentare la produzione energetica nazionale così come chiesto dal Governo italiano. Non si può non tenere conto della crisi geopolitica ed energetica in cui l’Europa è piombata rispetto al momento in cui è stato formulato.

Partiamo dal presupposto che noi non abbiamo mai messo in discussione l'obiettivo finale della decarbonizzazione. Sosteniamo, però, che gli obiettivi dettati dalla UE debbano essere perseguiti attraverso una transizione sostenibile sia economicamente che socialmente

Sui temi ambientali l’Europa in questi ultimi anni ha prodotto un coacervo di norme non sempre coerenti ed utili allo scopo. Anzi, spesso hanno avuto ricadute negative sulla nostra industria in termini di perdita di competitività rispetto alle altre economie del mondo. Secondo lei è un processo irreversibile o si può fare qualcosa per invertire questa tendenza?

Partiamo dal presupposto che noi non abbiamo mai messo in discussione l’obiettivo finale della decarbonizzazione. Sosteniamo, però, che gli obiettivi dettati dalla UE debbano essere perseguiti attraverso una transizione sostenibile sia economicamente che socialmente. L’intero pacchetto del Green Deal è invece ispirato a misure di impronta ideologica, fatto senza guardare alle conseguenze reali sulla vita dei cittadini. Deve essere lasciata la libertà agli Stati di percorrere la via che reputano più efficace e sostenibile. C’è il tempo e lo spazio per evitare tutto questo, programmando una transizione energetica più ragionata e condivisa, investendo di più in ricerca ad esempio.

Dall’Europa è arrivato il via libera finale allo stop alla vendita di veicoli a benzina o diesel dal 2035 ma solo dopo che la Germania ha ottenuto quello che chiedeva sugli efuel. Dall’accordo sono rimasti fuori i biocarburanti che invece chiedeva l’Italia. Alcuni hanno parlato di sconfitta per l’Italia. Che idea si è fatto in proposito?

Chi parla di una sconfitta, forse non ha seguito bene questo caso. Parlerei, invece, di importante e opportuno lavoro da parte del Governo italiano che, come ho avuto modo di affermare, ha aperto gli occhi all’Europa sulle pesanti conseguenze dello stop. A differenza di quanto avvenuto quasi sempre in questi anni, la UE non ha potuto far finta di nulla davanti a preoccupazioni che hanno fornito l’opportunità per una discussione più approfondita e un’analisi più completa delle questioni coinvolte. Soltanto a seguito di ciò la Germania ha ottenuto quello che chiedeva sugli e-fuels.

Ora la Commissione è chiamata a dare seguito all’impegno preso con la Germania. Il Governo italiano ha già detto che si adopererà affinché anche i biocarburanti possano rientrare nella categoria dei combustibili carbon neutral. Come pensate di riuscire a convincere la Commissione a farlo visto come sono andate le cose sinora?

Sono convinto che la partita non sia ancora definitivamente chiusa. È vero che c’è stata una votazione, ma è altrettanto vero che c’è uno step intermedio di revisione dei parametri al 2026. Sono certo che si possono riaprire le porte alla proposta italiana di inserire i biocarburanti. È anche una questione di buon senso. Non dimentichiamo che tra poco più di un anno ci saranno le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo e molti equilibri potrebbero cambiare. Posso garantire che Fratelli d’Italia e il gruppo dei Conservatori a Bruxelles continueranno a battersi per cambiare contenuti, tempi e modalità di attuazione di questo provvedimento. Su argomenti tangibili e concreti dobbiamo avviare una trattativa per modificare la linea imposta dalla Commissione europea.

Nel presentare a febbraio il Green Deal Industrial Plan, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha detto che è un’opportunità unica per guidare la rivoluzione delle tecnologie pulite e garantire la leadership industriale dell’UE nel settore delle tecnologie a zero emissioni nette. Molti l’hanno letta come una risposta all’Inflation Reduction Act americano che sta già attraendo molti investitori. Quali conseguenze vede?

Se questo Piano rappresenti la risposta europea all’Inflation Reduction Act non credo sia un punto centrale. Ci interessa molto di più capire modalità di attuazione e conseguenze pratiche. Il punto d’interesse è che sono previsti investimenti di carattere strategico, con l’identificazione di obiettivi per ogni settore. Occorrerà esaminare in dettaglio che tipi di investimenti saranno finanziati. Tutto questo, sottolineo ancora, non deve però avvenire con il paraocchi ideologico ma garantire concretamente che i passi necessari siano fatti in modo equilibrato, senza disastrosi sconvolgimenti sul piano economico e sociale.

In questa fase storica stiamo assistendo ad un attivismo sempre più spinto dei Governi. È perché il mercato ha smesso di funzionare ed ha fatto il suo tempo oppure sui temi energetici e ambientali serve una diversa governance a livello globale?

La continua e accelerata evoluzione dei sistemi economici e la complessità del quadro geopolitico stanno inevitabilmente creando ripercussioni nei rapporti tra livello governativo e produttivo. Ritengo che nella guida e gestione delle filiere strategiche e degli asset fondamentali di una nazione sia importante una pianificazione strategica complessiva in carico ai Governi. Considerando poi livelli di governance che vanno oltre il singolo Stato, la stessa Europa, in alcuni settori fondamentali come l’energia e la sostenibilità, è chiamata a definire politiche comuni, ma deve sempre farlo nel rispetto delle esigenze e peculiarità delle nazioni che la compongono. La tematica investe questioni complesse di carattere geopolitico di cui i Governi devono tenere conto per evitare che sia solo il mercato a decidere su questioni strategiche che hanno ripercussioni fondamentali sulla vita dei cittadini.         

Un progetto che ci porta a condividere anche con il Ppe una visione della Ue maggiormente rappresentativa, specie su alcuni temi di fondo. Un'Europa confederale, in sostanza, con obiettivi comuni in politica estera, cultura, difesa, ma che non violi la sovranità delle Nazioni che la compongono

Nel 2024 ci saranno le elezioni europee. Cosa si aspetta?

Abbiamo l’ambizioso progetto di disegnare una nuova governance della UE, che veda alla guida un asse diverso rispetto all’attuale maggioranza del Parlamento europeo. In questo senso l’Italia e il governo Meloni rappresenta un riferimento, direi un apripista. Non solo per quanto sta avvenendo a livello politico in Stati come Svezia e Finlandia, ma anche rispetto a quanto potrà accadere nei prossimi mesi negli appuntamenti elettorali in Spagna e Polonia. Il nostro percorso come partito dei Conservatori europei (ECR) è di apertura ad alleanze con chiunque condivida i principi fondativi dell’Ue, principi che maggioranze troppo schiacciate a sinistra hanno via via deformato. Un progetto che ci porta a condividere anche con il Ppe una visione della Ue maggiormente rappresentativa, specie su alcuni temi di fondo. Un’Europa confederale, in sostanza, con obiettivi comuni in politica estera, cultura, difesa, ma che non violi la sovranità delle Nazioni che la compongono. Questa è l’Europa che vogliamo costruire oggi e soprattutto con il 2024.