Muoversi 3 2022
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ENERGIA: SENZA UNA POLITICA COMUNE RISCHIAMO DI SFASCIARE L’EUROPA

ENERGIA: SENZA UNA POLITICA COMUNE RISCHIAMO DI SFASCIARE L’EUROPA

di Aurelio Regina

Aurelio Regina

Delegato per l’energia del Presidente di Confindustria

L’impatto economico della crisi è stato davvero pesante non solo per i cittadini, che naturalmente lo vivono in prima persona da un punto di vista diverso, ma anche per le imprese. Noi abbiamo avuto dal 2019 ad oggi un aumento del prezzo del gas di oltre il 600%, il petrolio è aumentato negli ultimi due anni del 60%, le commodity non energetiche di quasi il 70%, e a ciò si sono aggiunte anche molte difficoltà nelle catene di approvvigionamento e quindi nelle materie prime di riferimento, questo ancor prima del 24 febbraio e quindi dell’aggravarsi della situazione.

Sono livelli di prezzo che se li portiamo in valori assoluti e li confrontiamo con il 2019, l’anno di riferimento pre-pandemico in cui la manifattura italiana sosteneva un costo di 8 miliardi di euro per le due commodity, quest’anno la nostra stima è di oltre 50 miliardi. Ci avviciniamo cioè a dei livelli insostenibili per qualsiasi assetto industriale, in particolare per il nostro. Si dice spesso che è un problema anche dei francesi o dei tedeschi. In effetti, se uno guarda i prezzi di riferimento, ossia i cosiddetti Pun nazionali, questi non sono molto difformi, anzi ci sono dei momenti in cui il prezzo francese è addirittura superiore, anche se di poco, a quello italiano, mentre quello tedesco è invece costantemente più basso.

Però è un confronto che ha natura ingannatrice, perché in realtà i governi nazionali sono intervenuti con delle misure, soprattutto quello francese che forte della sua produzione nucleare ha messo a disposizione del settore industriale 120 TWh, coprendo l'intera richiesta del mondo industriale a soli 42 euro/MWh

Però è un confronto che ha natura ingannatrice, perché in realtà i governi nazionali sono intervenuti con delle misure, soprattutto quello francese, che rendono oggi la situazione all’interno della comunità europea è di totale “dis-competitività”.

Il governo francese, forte della sua produzione nucleare, ha messo a disposizione del settore industriale 120 TWh, coprendo l’intera richiesta del mondo industriale a soli 42 euro/MWh. Oggi il prezzo di riferimento ha sfondato i 330-340 euro ed è evidente che un sistema così complesso all’interno della stessa Europa, che dovrebbe garantire delle condizioni di omogeneità per l’apparato Industriale, impedisce di competere. Noi stiamo creando un Europa non a due velocità, ma addirittura a tre o quattro. Così rischiamo di perdere una base industriale per squilibri che si stanno producendo in modo del tutto indipendente. L’Europa da questo punto di vista, anche se manifesta una volontà di intervento, sembra incapace di assumere delle decisioni che abbiano efficacia. I sistemi che si sono generati nei singoli paesi sono molto diversi, i mix energetici sono molto diversi e quindi si fatica oggi a prendere decisioni che abbiano delle basi comuni. Come dicevo la scorsa settimana ad importanti esponenti del mondo industriale tedesco mentre ero in Germania per degli incontri, l’energia può diventare un fattore disgregante perché se non si arriva a definire una politica comune rischiamo di sfasciare l’Europa. Quindi mettiamo in gioco non solo l’aspetto economico, non solo l’aspetto di sopravvivenza del mondo industriale, ma anche i motivi profondi per cui stiamo insieme. Non dimentichiamoci che l’Europa è nata su un pilastro forte che era quello energetico e se non recuperiamo questo valore e interveniamo in maniera decisa, perdiamo le nostre radici e questo anche rispetto a ciò che sta succedendo ai confini della nostra Europa, che è un fattore molto, molto preoccupante.

L'energia può diventare un fattore disgregante perché se non si arriva a definire una politica comune rischiamo di sfasciare l'Europa. Quindi mettiamo in gioco non solo l’aspetto economico, non solo l’aspetto di sopravvivenza del mondo industriale, ma anche i motivi profondi per cui stiamo insieme. Non dimentichiamoci che l'Europa è nata su un pilastro forte che era quello energetico e se non recuperiamo questo valore e interveniamo in maniera decisa, perdiamo le nostre radici

Questo è il motivo per cui abbiamo spinto il Governo italiano e il presidente Draghi a lavorare sul tema del price cap che non è solo una soluzione tecnica, per quanto complessa, ma una visione di politica energetica comune. Il fatto è che all’inizio della crisi l’atteggiamento del nostro Governo, in linea con quello europeo, è stato quello di pensare che questa fosse una crisi congiunturale, che poi in fin dei conti il vento al nord sarebbe tornato e che i problemi si sarebbero risolti. Noi da sempre abbiamo sostenuto che c’erano tutti gli elementi perché questa diventasse una crisi strutturale per la mancanza di investimenti e una certa visione ideologica che ha portato le grandi compagnie internazionali a disimpegnarsi. Di fronte a una considerazione di questo tipo la risposta del Governo, che pure è stata impegnativa e va lodata perché ha messo sul piatto qualche decina di miliardi, a nostro avviso doveva privilegiare alcune categorie rispetto ad altre perché quando si è un grande paese industriale si deve anche tutelare il proprio patrimonio altrimenti si rischia di effettuare una campagna di “mance” o, come spesso diciamo, di bonus. Senza avere una visione di politica industriale. Abbiamo apprezzato la parte dei crediti d’imposta, però è mancata una visione di lungo termine. Ecco perché noi abbiamo puntato su due misure forti per il sistema industriale con l’aiuto di alcuni parlamentari e le abbiamo portate in Parlamento: una sul gas, che era quella di puntare su una maggiore produzione nazionale finalizzata al consumo industriale; l’altra, di utilizzare i conti energia che oggi il GSE ha in dotazione a favore del sistema industriale a fronte di un impegno da parte dei clienti industriali di mettere parimenti in campo investimenti in fonti rinnovabili. Così si sarebbe innescato un meccanismo virtuoso perché, da un lato ti rilascio energia da rinnovabili a un determinato prezzo di produzione e, allo stesso tempo, dall’altro ti impegni a produrre l’equivalente in energia rinnovabile, innescando così quel meccanismo forte di autoproduzione.