Muoversi 3 2022
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IL PUNTO DI VISTA DELLA POLITICA

A seguire una sintesi degli interventi dei rappresentanti politici intervenuti nel corso dell’assemblea 2022 che ringraziamo per il contributo franco e costruttivo

LE TROPPE CONTRADDIZIONI DELLE POLITICHE EUROPEE

Paolo Arrigoni

Responsabile
Dipartimento Energia
della Lega

Paolo Arrigoni - Responsabile Dipartimento Energia della Lega

Partirei da qualche dato. Oggi il Pun (ossia il prezzo unico nazionale) è intorno a 428 euro/MWh, il prezzo del gas a 173 euro ed è chiaro che di fronte a questi livelli di prezzo delle commodity, superiori di 8 volte rispetto al periodo pre-Covid, ci siano famiglie e imprese che rischiano di finire in ginocchio se non peggio. È inevitabile quindi che alcuni soggetti hanno fatto e stanno facendo degli extra-profitti e la decisione di tassarli ci poteva stare. Il problema è che questa tassa, a mio avviso, presentava e presenta tuttora degli elementi distorsivi nella base di calcolo, in particolare nel periodo preso a riferimento.

Confrontare, ad esempio, un periodo di piena ripresa dell’economia con un periodo precedente – il terzo trimestre 2020 con il primo quadrimestre 2021 – quando eravamo in piena emergenza Covid e la mobilità era ridottissima, non funziona, in particolare per un comparto come il vostro. Non avere escluso dal calcolo le operazioni straordinarie o gli strumenti finanziari derivati a cui molti soggetti ricorrono, è sbagliato. E noi della Lega, riconoscendo questi elementi distorsivi, abbiamo presentato una serie di emendamenti correttivi al “DL Taglia prezzi”, il decreto che ha introdotto per la prima volta un prelievo del 10%. Abbiamo segnalato questi emendamenti per cercare di rimuovere gli elementi distorsivi; abbiamo anche cercato di allargare la platea dei soggetti chiamati a contribuire in modo di reperire nuove risorse per dunque meno gravare sulla fiscalità generale visto che tutte le misure messe sinora in campo dal Governo per contrastare il caro energia a partire dall’ultimo trimestre dello scorso anno ammontano ad oltre 30 miliardi di euro. Insomma, di fronte al caro energia vanno chiamati a partecipare quanti ne hanno beneficiato e tra questi soggetti, a nostro parere, ci sono anche le banche e gli intermediari finanziari che operano in campo energetico. Ma paradossalmente questi emendamenti, che avrebbero consentito di aumentare il gettito e di rimuovere gli elementi distorsivi, non sono stati accolti. È stato emanato invece un nuovo Decreto, il “DL aiuti”, che ha portato quella tassa dal 10% al 25%. Noi abbiamo ripresentato alla Camera gli emendamenti, ma purtroppo sono stati bocciati e questo può esporre il Governo al rischio di ricorsi. Tutto ciò è purtroppo la riprova del fatto che questo Paese è abituato a lavorare sull’emergenza e non sulla prevenzione. Nel mio ruolo di Parlamentare faccio anche parte del Copasir, e due anni fa, ad esempio, avevo sottolineato in quella sede le diverse vulnerabilità del nostro sistema energetico a partire dall’elevata dipendenza energetica che è del 75% contro una media europea del 60%. Una dipendenza energetica che arriva al 96% per quanto riguarda il gas. Avevo proposto ai miei colleghi del Copasir di fare un’indagine conoscitiva per sviscerare queste problematiche e poi fare una relazione al Parlamento sulla sicurezza del nostro sistema energetico. Siamo stati – diciamo – facili profeti ed oggi le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Siamo di fronte a nuove scelte che il nostro Paese ha intrapreso sulla spinta europea che appaiono un salto nel buio, con la rinuncia totale ai carburanti fossili per passare ad un mix energetico fatto solo di rinnovabili.

Anche il caro energia che è iniziato dalla seconda metà dello scorso anno, e che la guerra russo-ucraina ha solo contribuito ad acuire, è frutto di scelte sbagliate degli ultimi anni durante i quali si sono ridotti gli investimenti nel settore oil&gas, pensando magari di fare un favore all’ambiente. In realtà negli ultimi 20 anni i consumi di gas italiani sono passati da 70-71 miliardi di metri cubi del 2001 a 76 miliardi dello scorso anno. Anche qui una contraddizione: fino a nove mesi fa l’Europa parlava di volersi affrancare dal gas in quanto tale. Oggi, facendo dei progressi nell’ambito del pragmatismo, parla di affiancamento del gas russo con quello che arriva via mare. Il risultato è però che, anziché estrarre gas dai nostri giacimenti, si trasporta gas per centinaia se non migliaia di km  producendo, per questo solo spostamento, la crescita delle  emissioni climalteranti. Che cosa è questo se non una specie di suicidio?

SCELTE IRREALISTICHE PORTERANNO A RIMANERE SENZA SOLUZIONI

Alessandra Gallone

Segretario Commissione Ambiente del Senato, FI

Alessandra Gallone - Segretario Commissione Ambiente del Senato, FI

Sulla questione dei prezzi dell’energia credo sia necessario trovare un diverso equilibrio, che eviti di penalizzare impropriamente le imprese e, al contempo, trovare misure che diano immediatamente ed effettivamente supporto ai consumatori che sono la categoria maggiormente esposta a questa drammatica situazione di incremento dei prezzi. Peraltro, la quantificazione dei cosiddetti extraprofitti è stata ampiamente oggetto di valutazioni spesso molto diverse. Dal punto di vista della nostra forza politica, un movimento liberale vicino alle imprese, non possono esserci provvedimenti che siano solo mirati all’effetto annuncio. C’è invece bisogno di provvedimenti che siano chiari, utili e misurati.

La programmazione energetica negli ultimi anni è stata totalmente fuorviata da una falsa transizione, parlando tanto di 2050 e immaginando che fosse dietro l’angolo, ma non è così. Come è sbagliato che la transizione sia da identificare unicamente con elettrificazione: abbiamo bisogno di tutte le opzioni tecnologiche per poterla affrontare al meglio, gradualmente per accompagnare un’adeguata evoluzione del settore industriale in modo economicamente sostenibile, sia a livello di bilancio statale che di bilancio familiare e industriale.

Basta vedere i blackout di questi giorni che affliggono Milano per comprendere come vada ripreso – a livello nazionale ma anche a livello europeo – il concetto di sviluppo sostenibile che è insieme ambientale, economico e sociale per conseguire quei benefici che già da subito possono essere messi a disposizione dei consumatori, ma anche delle aziende.

In questo senso la promozione della bioraffinazione o anche del biometano e dei carburanti low carbon, sono soluzioni che possono coniugare sviluppo economico nazionale e riduzione delle emissioni. Non possiamo limitarci ad eliminare solo i motori a combustione interna perché altrimenti non potranno svilupparsi, con un danno per la nostra industria. Dobbiamo perseguire scenari realistici nella riduzione delle emissioni. Il rischio è che si rimanga affascinati da soluzioni che oggi ancora non sono disponibili e per le quali rischiamo di pagare cara la dipendenza in termini di materiali e catene del valore ancora più concentrate di quanto non lo siano state quelle del settore del petrolio o del gas. Compiere scelte irrealistiche porterà a rimanere senza soluzioni, quando sarà troppo tardi per cambiare rotta.

Allora ci resterebbe solo la possibilità di recriminare su cosa avremmo dovuto o potuto fare.

Ma spero che l’esperienza drammatica di questi mesi possa, almeno in questo senso, essere messa pragmaticamente a frutto.

LA GUERRA RUSSA-UCRAINA HA IMPOSTO DI GUARDARE CON REALISMO AL FUTURO

Raffaella Paita

Presidente
Commissione Trasporti della Camera,
Italia Viva

Raffaella Paita - Presidente Commissione Trasporti della Camera, Italia Viva

Volevo anzitutto rivolgere un grande ringraziamento agli amici di unem e anche delle dovute scuse per non poter essere presente alla vostra assemblea a causa dei lavori della Commissione che devo necessariamente presiedere. Avevo accettato con grande piacere l’invito perché credo che sia importante discutere insieme della situazione energetica del Paese e anche dei rischi che si possono correre in futuro. Dipendiamo troppo dall’estero per quanto riguarda l’energia e questo è il frutto di scelte sbagliate fatte nel passato che hanno creato un vero e proprio condizionamento. La situazione internazionale ha messo in luce tutto ciò, ma ci ha anche detto con grande chiarezza che non sono più tollerabili le teorie del “no nel mio giardino”, della decrescita felice o di chi non vuole le infrastrutture che ci renderebbero più liberi nei prossimi anni.

È per questo che abbiamo lavorato all’interno del Parlamento per cercare di semplificare il più possibile le procedure, ad esempio, sul tema dei rigassificatori, proponendo io stessa di applicare il “modello Genova” per velocizzare al massimo le procedure autorizzative di queste importantissime infrastrutture. E così allo stesso modo dobbiamo lavorare per diversificare le fonti energetiche e anche per far ritrovare all’Europa una necessaria unità in materia di tetto ai prezzi.

Temi su cui si sta dibattendo proprio in queste ore, ma questa volta con la consapevolezza che questa gravissima tragedia che è la guerra russa-ucraina, ci ha imposto la necessità di guardare con realismo al futuro. E questa è la ragione per la quale abbiamo bisogno di un costante confronto con l’associazione che rappresentate e con le vostre realtà, in modo da scambiare idee e contributi volte a rafforzare le scelte che il Governo e il Parlamento stanno facendo sulla scia di una collaborazione che ancora una volta dobbiamo rinnovare.

EXTRA PROFITTI, CORRETTIVI PER RENDERE IL CONTRIBUTO MENO GRAVOSO POSSIBILE

Antonio Misiani

Responsabile
Economia e Finanze, PD

Antonio Misiani - Responsabile Economia e Finanze, PD

Credo che la gravità della situazione ambientale sia sotto gli occhi di tutti. Quello che sta accadendo ai nostri ghiacciai, la siccità che stiamo soffrendo non sono frutto del caso, ma di un deterioramento della situazione ambientale e climatica probabilmente ancora più grave di quanto ci raccontano i report delle Nazioni Unite. Detto questo è chiaro che gli obiettivi europei di decarbonizzazione per il 2030 e il 2050 vanno coniugati con politiche di accompagnamento dal punto di vista industriale e sociale, perché la transazione deve essere una transizione giusta, socialmente sostenibile.

E questo vale a maggior ragione per un Paese come l’Italia che parte da una condizione difficile perché siamo entrati nella crisi energetica come un sistema-paese ancora fortemente sbilanciato sui combustibili fossili che pesano per quasi 80% del nostro consumo; combustibili fossili importati per quasi il 95% e nel caso del gas importati dalla Russia per una quota pari al 40% del consumo nazionale.

Questa è una situazione economicamente e geopoliticamente insostenibile che dobbiamo superare il più rapidamente possibile.

Il Governo ha fatto delle cose importanti in questi mesi. Ha messo in campo con coraggio risorse per oltre 30 miliardi di euro per mitigare l’impatto sulle famiglie e sulle imprese e seguito con determinazione una politica di diversificazione delle fonti di approvvigionamento andando a stipulare contratti per il GNL e opzionando due nuovi rigassificatori. E tentando anche di aumentare la produzione nazionale di gas dopo anni di diminuzione. Il Governo ha fatto cose importanti anche per la semplificazione del permitting delle fonti rinnovabili che è la via maestra per cambiare la condizione energetica con cui affrontiamo questa crisi.

Voglio ribadire questi risultati, anche se è chiaro che ci sono degli spazi di miglioramento. C’è un dibattito, dobbiamo tenere conto delle varie posizioni ma c’è una direzione di marcia indicata dall’Unione europea che risponde ad un problema globale che dobbiamo affrontare con molto coraggio, molta determinazione e molta coerenza.

Credo che questo sia l’orizzonte con cui dobbiamo fare i conti e a quest’orizzonte dobbiamo arrivare con politiche di accompagnamento che, lo ripeto, rendano socialmente sostenibile una transizione energetica verso cui siamo obbligati ad andare. 

Partirei dai numeri. Confindustria calcola un aggravio della bolletta energetica per il nostro paese che va da 68 a 81 miliardi di euro per il 2022. Il Governo, come ho detto, ha adottato misure per decine di miliardi di euro e verrà sollecitato anche nei prossimi mesi perchè la crisi non si esaurisce nell’immediato. In questa fase di tensione sugli spread, gli spazi per finanziare con deficit aggiuntivo queste misure si sono ridotti drasticamente. Chiedere quindi un contributo ad imprese che hanno visto un aumento del fatturato secondo l’Agenzia delle Entrate quasi quattro volte superiore rispetto alla media, credo sia nelle cose. In termini generali, per come sono state costruite, le norme del contributo straordinario sugli extra profitti rispondono ai rilievi della sentenza numero 10 della Corte Costituzionale con cui venne bocciata la Robin Tax, introdotta dall’allora Governo Berlusconi. Detto questo, correttivi sono necessari e sono stati indicati nelle discussioni e nelle audizioni parlamentari. Correttivi che riguardano la base imponibile per tenere conto di elementi che altrimenti rischiano di distorcere il contributo: penso alle accise, penso alle operazioni straordinarie, penso ad altri elementi da considerare e sui quali sono stati presentati emendamenti anche dal Partito Democratico. Il Governo per il momento ha deciso di non accogliere questi emendamenti. Noi torneremo alla carica perché condividiamo la filosofia di un contributo straordinario sugli extra profitti per aiutare uno sforzo enorme che la finanza pubblica sta facendo per mitigare l’impatto della crisi energetica sulle famiglie e le imprese, ma questo contributo deve essere il meno gravoso possibile, anche perché stiamo parlando di cifre molto importanti che impattano notevolmente sulle imprese interessate.

LA RETE CARBURANTI ASPETTA RISPOSTE 

Massimiliano
De Toma

Componente
Commissione Attività
Produttive Camera FdI

Massimiliano De Toma - Componente Commissione Attività Produttive Camera FdI

Sono in molti a dire che servirebbe una pubblicità progresso sulla necessità di ridurre i consumi. Credo che gli italiani si stiano già muovendo se è vero, come hanno riportato i media, che il 46% degli italiani ha scelto di ridurre l’utilizzo delle quattro ruote negli ultimi mesi. O ancora, che il 47% ha dichiarato di prestare maggiore attenzione nella scelta della pompa di benzina preferendo la modalità self-service in quanto più conveniente del servito anche del 9%. Noi abbiamo davanti diverse strade da percorrere: personalmente nel 2019 ho portato avanti una risoluzione in Parlamento, poi fatta propria da tutti i partiti, che riguardava la razionalizzazione e la riconversione degli impianti sulla rete stradale e autostradale. È un tema affrontato spesso da unem, ma di cui ancora non si vede la soluzione. Continuiamo ad avere un numero elevato di impianti rispetto agli altri Paesi europei con un consumo molto più basso.

L’Inghilterra, ad esempio, è prima per erogato e ultima per numero di distributori, esattamente il contrario dell’Italia che ha tantissimi impianti e bassi erogati.

Dobbiamo capire una volta per tutte che, anche se andiamo verso il mondo dell’elettrico, o quantomeno verso i nuovi carburanti, è forse necessario pensare ad una strategia che riguardi appunto il settore della distribuzione carburanti.

Come intendiamo rifornire le automobili e gli altri mezzi? Qual è la struttura che abbiamo in mente visto che cambierà totalmente il modo di lavorare degli stessi impianti? Faccio solo un piccolo esempio: prima di venire alla vostra assemblea mi sono fermato alla Camera dove ci sono quattro colonnine per la ricarica delle auto elettriche. Ho chiesto agli operatori come funzionassero.

Mi hanno risposto: due funzionano e due no. Insomma, al di là delle scelte che saranno fatte, se le cose stanno così come pensiamo da qui ai prossimi anni di rifornire milioni di autoveicoli?

Credo che il problema maggiore sia quello di definire una strategia chiara, altrimenti si abbandona un grande settore, senza sbocchi.

Penso al trasporto privato e agli autoveicoli leggeri, penso anche al trasporto pubblico locale o agli autoveicoli più grandi. Quale è la soluzione? Elettrico, idrogeno (e poi quale idrogeno, blu o verde?), carburanti low carbon e biocarburanti che ruolo avranno? Il mondo rappresentato da unem e i suoi associati debbono avere davanti un quadro che permetta la costruzione di un percorso lungo anni. Quello che non si può fare è cambiare sempre direzione.

Siamo davanti a una grande sfida che dobbiamo necessariamente affrontare non solo per quanto riguarda la politica, ma anche per il produttore e il consumatore, di conseguenza la filiera.

Per intenderci non si possono continuare a costruire case una attaccata all’altra senza le strade e poi lamentarsi se c’è traffico.

Servono misure di conversione e razionalizzazione.

Che non vuol dire, necessariamente, chiudere gli impianti, vuol dire sicuramente metterli in condizione di poter lavorare con le nuove tecnologie e ovviamente i nuovi carburanti, cosa che in questo momento purtroppo non avviene o avviene troppo poco.

Al tavolo per la razionalizzazione degli impianti, da me fortemente voluto e avviato dal Ministro della transizione ecologica Cingolani il 1° giugno scorso, è stato giustamente chiamato anche il MEF, attore indispensabile che deve determinare effettivamente se si possono fare o no certi tipi di investimenti.

Questo è il percorso che dal mio punto di vista bisognerebbe portare avanti, altrimenti continuiamo a muoverci secondo dove ci porta il vento.

È ORA CHE IL CONCETTO DI NEUTRALITÀ TECNOLOGICA TORNI DI MODA

Paolo Borchia

Parlamentare europeo, Lega

Paolo Borchia - Parlamentare europeo, Lega

I risultati del Consiglio Ambiente europeo del 28 giugno scorso ha in qualche modo fatto un’apertura flebile sul bando dei motori a combustione interna visto che ci si è ridati appuntamento al 2026 in vista di un’ipotetica revisione delle decisioni assunte. Sinceramente mi sarei aspettato qualcosa di più: un maggiore approfondimento della riflessione per quanto riguarda l’opportunità di spostare magari dal 2035 al 2040 la proibizione delle immatricolazioni di auto con motore endotermico.
Non ho mai nascosto le mie preoccupazioni, per due motivi: la tenuta della filiera industriale e dell’occupazione. Stime della Commissione europea parlano di circa 70 mila addetti interessati nella sola Italia, 600.000 a livello
comunitario. Stiamo parlando di cifre che si commentano da sole, cifre molto
importanti.

E l’impostazione di questo regolamento va contestualizzato nel pacchetto “Fit for 55” che ci convince poco. Non perché, come Lega, siamo scettici sulla necessità di intraprendere un percorso serio di decarbonizzazione, ma per i tempi e gli strumenti individuati.
Questi ci rendono perplessi, anche perché – per dirla in maniera sintetica – se puntare ad un ambiente maggiormente salubre e diventare il primo continente climaticamente neutro a livello globale significa contestualmente rimetterci a livello di occupazione, rimetterci a livello di filiere allora non credo che il gioco valga la candela.

Una notizia di questi giorni mi appare davvero sintomatica: Byd, marchio cinese leader nella produzione di auto elettriche, ha superato Tesla, 641.000 veicoli prodotti nel solo primo semestre di quest’anno, triplicando i volumi dell’anno precedente. Siamo davanti ad un paradosso: proprio mentre siamo impegnati in uno sforzo per far sì che la nostra economia sia sempre meno dipendente dall’importazione di idrocarburi dalla Russia compiamo scelte che ci portano ad altre dipendenze.

Io vengo dal mondo dell’impresa e comprendo benissimo l’importanza di essere più autosufficienti in termini  di dipendenza energetica da Paesi terzi. Ma i dati di produzione dell’auto elettrica prodotta da Byd e dagli altri colossi cinesi ci pone davanti al fatto che, mentre stiamo facendo retromarcia dal vicolo cieco della dipendenza degli idrocarburi provenienti dalla Russia, ci stiamo infilando in quello della dipendenza dalla Cina che dispone delle materie prime e delle tecnologie che sono necessarie per portare avanti quella che secondo loro è la transizione energetica.

Bruxelles ha fissato al 2050 la neutralità climatica mentre Pechino l’ha fissata al 2060. La differenza è abissale, anche se si tratta solo di un decennio.

Io ritengo che se diamo alla transizione energetica un’impostazione ideologica, perché vogliamo essere i primi della classe, i primi a raggiungere l’obiettivo senza comprendere le conseguenze sulle filiere industriali e sull’occupazione, finiremo per creare le condizioni per allargare il gap in termini di competitività.

A Bruxelles mi pare proprio che il concetto di neutralità tecnologica non sia particolarmente di moda. Iniziamo ora la discussione sulla tassonomia delle fonti energetiche. Credo che il quadro migliore sia quello in cui tutte le tecnologie possano competere alla pari.

VERSO L’EUROPA CI VUOLE ATTENZIONE

Patrizia Toia

Parlamentare europea, PD-S&D

Patrizia Toia - Parlamentare europea, PD-S&D

Sento talvolta descrivere le politiche europee sull’energia in maniera “caricaturale”, quasi che a Bruxelles ci fossero delle persone un po’ sognatrici che si mettono a tavolino, disegnando un futuro che vorrebbero avere e pensando che automaticamente si realizzi. Non è così. Sono anni che parliamo di strategie per l’ambiente, l’energia e di riflessi sul sistema industriale. L’Europa sta cambiando il suo modello di approvvigionamento energetico per passare dal fossile in gran parte alle rinnovabili. Su questa decisione tutti gli stakeholders e i soggetti interessati sono stati coinvolti, consultati e assieme a loro si sono elaborate proposte e possibili soluzioni.

Il pacchetto “Fit for 55” non è fatto solo di divieti (come, ad esempio, la decisione di bloccare le immatricolazioni di auto a motore endotermico nel 2035), ma rivede tutto l’impianto del mondo energia e aiuta le nostre imprese, sia proteggendole dalla concorrenza sleale di prodotti che arrivano da fuori Europa, sia sostenendole per l’esportazione in Paesi terzi. Lo sforzo europeo è quello di riuscire a conciliare le politiche ambientali con quelle industriali e occupazionali, della formazione, della riconversione, della ricerca e col sostegno all’innovazione tecnologica.

Dal mondo imprenditoriale c’è, giustamente, la richiesta che, accanto alle decisioni di sostenibilità di carattere ambientale per la riduzione delle emissioni, ci siano sempre politiche che aiutino la riconversione industriale per tutto il comparto. Teniamo anche conto che le grandi imprese europee dell’automotive hanno già preso la via dell’elettrico, alcune annunciando anche di voler anticipare i tempi e per questo dobbiamo adeguarci per essere competitivi.

Sappiamo che dobbiamo affrontare con gli adeguati strumenti il grande tema della componentistica: sono tante piccole imprese che fanno molta più fatica e che hanno bisogno di essere accompagnate e sostenute. L’Europa, col Programma Horizon, ha messo in campo quasi 100 miliardi di euro in sette anni da destinare alla ricerca, all’innovazione e al trasferimento tecnologico sia per l’industria che in altri ambiti.

Comprendo che la radicalità di certe scelte incida profondamente su situazioni e interessi diversi. Come Vicepresidente della Commissione Industria, Energia e Ricerca del Parlamento europeo spesso mi capita di discutere con i miei colleghi dell’Ambiente perché voglio trovare soluzioni realistiche. Credo che in questa transizione i low carbon fuel o i biocarburanti che sostituiranno le fonti fossili, possono svolgere un ruolo. Importante sarà anche l’idrogeno che abbiamo individuato come soluzione nel trasporto pesante. Spetta alla capacità dei Governi, compreso quello italiano, in sede di Consiglio, di far valere queste buone ragioni.

Ma credo anche che l’imprenditoria anziché contrapporsi, debba cercare di concorrere, prima, e sostenere, poi, le scelte di fondo europee. Penso a temi come una politica energetica veramente comune in Europa che porti alla decisione di un tetto al prezzo del gas, penso all’esigenza di capire e monitorare cosa succede nella formazione dei prezzi sul mercato liquido di Amsterdam e sul ruolo che hanno le grandi realtà finanziarie. E sempre per calmierare i prezzi del gas è importante procedere con la decisione sugli acquisti comuni.

Ma torno a ripetere (da parlamentare europea che lavora appassionatamente e che studia con attenzione tutti i dossier senza compiere scelte precostituite) che verso l’Europa ci vuole impegno, collaborazione e
attenzione.

Comprendo che voi vogliate portare avanti le vostre ragioni che forse dovete fare arrivare con più forza, ma non crediate che l’Europa volti la testa dall’altra parte rispetto alle esigenze di legittimi interessi economici.