Muoversi 4 2022
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I DANNI IRREPARABILI DEL RITORNO DELLO “STATO ATTORE”

I DANNI IRREPARABILI DEL RITORNO 

DELLO “STATO ATTORE”

di Francesco Sassi

Francesco Sassi

Ricercatore in geopolitica dell’energia
e mercati energetici RIE – Ricerche industriali ed energetiche

Dalla reazione in ordine sparso dell’Europa moltissimo seguirà nei prossimi mesi, anni e decenni. Occorre infatti comprendere che, in questa fase, le decisioni prese in tema di politiche e strategie energetiche condizioneranno inevitabilmente il futuro, incluso il raggiungimento di una neutralità carbonica, oggi sempre più in pericolo. Ma se il 2050 appare oltremodo lontano, i rischi politici e sistemici sono già dietro l’angolo. Se infatti la Comunità europea si è generata sui temi centrali dell’energia e ne ha trovato una ragion d’essere, la minaccia è quella di una cieca e vendicativa corsa in senso opposto, con la possibilità, o forse oggi la certezza, che sia proprio l’energia a disfare in ultimo i sogni di un’Europa unita.

Arrivata alla sua soglia, l’Europa guarda al prossimo inverno con assidua inquietudine. Rispetto a sette mesi fa, ovvero nel momento in cui le prime truppe russe sono entrate in territorio ucraino, poche sono le certezze e molte le incognite. Questo è il risultato di un lungo percorso condizionato da scelte e non-scelte originate nella mancanza di una strategia di breve e medio-lungo termine e di una visione comune europea. Condizioni esacerbate dalle differenze intrinseche dei 27 sistemi energetici del Vecchio Continente che, messi di fronte a una crisi senza pari dei mercati energetici e l’infrazione più grave del diritto internazionale dal dopoguerra, hanno contraddetto le iniziali ambizioni di armonizzazione.

La Comunità europea storicamente si è generata sui temi centrali dell’energia e ne ha trovato una ragion d’essere, la minaccia è quella di una cieca e vendicativa corsa in senso opposto, con la possibilità, o forse oggi la certezza, che sia proprio l’energia a disfare in ultimo i sogni di un’Europa unita

Al fine di penetrare più profondamente nel contesto attuale, potrebbe aiutare l’affidarsi a un classico dell’analisi politologica. Secondo Arnold Wolfers, la distinzione imprescindibile della moderna politica internazionale si basa su “Stati attori” o “Individui attori”. La propensione alla paura o al guadagno è uno dei motori principali dell’interazione interstatale e laddove la sopravvivenza è messa in dubbio da pericoli, oppure opportunità di guadagno appaiono facilmente raggiungibili, sarà più facile che gli Stati agiscano in maniera uniformata. Lo Stato in cui prevale l’interesse nazionale è il classico “Stato-attore”. In alternativa, se i rischi rimangono minimi o i guadagni risicati, l’accordo internazionale avrà minori conseguenze per l’interesse nazionale e un compromesso sarà raggiungibile. In tal caso, a prevalere saranno i dettami del diritto internazionale. Nel mezzo dei due poli, e quando vi è maggiore spazio per la politica, entra in gioco invece l’individuo a capo del governo comune e la sua psicologia diviene un importante elemento analitico per capire politiche e strategie.

L’esempio che maggiormente evidenzia la sferzata nazionalistica assunta dalla crisi energetica europea è il diniego dei dettami riguardanti la limitazione ai consumi di gas inclusi nel piano Safe Gas for a Safe Winter (SGSW) lanciato a luglio. Annacquato dai medesimi governi europei, quelli di Italia e Spagna in primis, i governi hanno reclamato per sé stessi percorsi differenziati. Guidati da attori politici che molto hanno da perdere nel quadro interno, incuneati nel torrido limbo di limitati consumi estivi e crescente insoddisfazione causata dall’inflazione generata dai costi energetici, Roma e Madrid hanno apertamente sfidato le richieste di Bruxelles. Un guadagno immediato e, nel breve tempo, dai costi minimi.

Esenzioni, soglie e classificazioni sono le parole chiave per descrivere SGSW, lontanissimo dai razionamenti preventivi richiesti da Bruxelles. Un accordo che sostanzialmente ribadisce gli attuali andamenti di domanda e offerta, mancando completamente di produrre risultati propositivi. Non tutto il quadro presenta tratti oscuri. La decisione comune di aderire alla quota condivisa per gli stoccaggi all’80% entro il 1° novembre ne è un esempio. Un obiettivo però ampiamente superato in anticipo, con il raggiungimento del 90% a inizio ottobre. Lo stesso però dimostra come le ambizioni europeiste si siano fermate laddove le autorità nazionali hanno percepito un rischio minimo in termini di opposizione interna.

Positivi sono anche l’accordo raggiunti sul cap ai produttori inframarginali di elettricità (nucleare, rinnovabili e carbone) e il taglio del 5% del picco di domanda elettrica, supportato da un più generale obiettivo di riduzione dei volumi di consumo invernali. Anche qui occorre sottolineare come il risultato arrivi a un anno di distanza dalla richiesta di Spagna e Francia di riformare il mercato elettrico, quando già si capiva il carattere strutturale della crisi, resa poi sistemica dal conflitto tra Russia e Ucraina. Allo stesso tempo, il compromesso sulla riduzione dei consumi arriva dopo un blackout produttivo esteso, con ad esempio il 50% dell’intera capacità europea di filiere energivore come alluminio e zinco ferma, unite alla riduzione dei consumi di gas per via dei prezzi esorbitanti. Anche in questo caso si potrebbe dire che i rischi politici non sono stati eccessivi. A ciò, si aggiunge l’immobilismo di un “Individuo-attore” per eccellenza, ovvero la Commissione europea. Lontano da logiche nazionaliste, Bruxelles avrebbe dovuto fiutare la crisi in largo anticipo, approntando misure per limitarne l’impatto prima dell’insorgere del danno irreparabile e del ritorno dello “Stato-attore” in Europa, ora pienamente riscontrabile nelle scelte di Francia e Germania.

Siamo in una nuova fase politica ed energetica, che vede addirittura il sabotaggio di infrastrutture critiche come potenziale variabile a scombinare il (mancato) coordinamento europeo. Data l’assenza dell’unico “Individuo attore” capace di alimentare nuovamente il dibattito politico su posizioni condivisibili e proposte concilianti, il caos a cui andiamo incontro riporta inevitabilmente lo Stato in primo piano e con lui il suo incancellabile istinto predatore

La crisi del nucleare francese ha portato i prezzi sulla borsa elettrica a livelli senza precedenti, forzando Parigi a intervenire direttamente per limitare le ricadute interne. Oltre a elargire generosi sussidi, il punto cardine delle scelte di Macron è rimasto quello del cosiddetto “Rinascimento” del nucleare in Francia, da attuare attraverso una costosissima nazionalizzazione di EDF. Una compagnia in crisi esistenziale e con una produzione ai minimi da 30 anni, dovuta a problemi generalizzati di decadimento dello stato di salute del settore nucleare. Con Parigi a promettere il ripristino dell’intera flotta entro l’inverno e puntando a riposizionare il paese come esportatore chiave di elettricità in Europa. Entrambi gli obiettivi sono oggi assai in dubbio.

L’iniziativa della Germania di tagliare la domanda di gas è stata appaiata al richiamo verso implementazione di nuovi accordi di solidarietà tra stati in Europa. Davanti ai risultati granulari, Berlino ha a più riprese salvato i campioni energetici nazionali. Infine, il governo Scholz ha invertito rotta completamente rispetto i precedenti proclami e ha presentato un piano da 200 miliardi di euro (più del 5% del PIL tedesco) destinato ai consumatori di tutte le fasce. Una scelta che renderà più complicata qualsiasi riduzione dei consumi e che ha sollevato un coro di opposizione anche tra coloro che in Europa hanno mostrato propensione al dialogo, incluso lo stesso Presidente del Consiglio uscente Draghi. Una decisione, quella tedesca, che non può essere controbilanciata da nessun altro paese e che rischia, secondo la stessa von der Leyen, di accelerare la frammentazione delle politiche europee.

Cosa accadrà nei prossimi mesi è difficile predirlo in assenza di un aruspice che ci indichi quanto rigido sarà l’inverno. Siamo ormai entrati in una nuova fase politica ed energetica, che vede addirittura il sabotaggio di infrastrutture critiche come potenziale variabile indipendente a scombinare il (mancato) coordinamento europeo.

Data l’assenza per lunghi tratti dell’unico “Individuo attore” davvero capace di intervenire per alimentare nuovamente il dibattito politico su posizioni condivisibili e proposte concilianti, il caos a cui andiamo incontro riporta inevitabilmente lo Stato in primo piano e con lui il suo incancellabile istinto predatore, incluso quello da esercitare sui propri simili.