Muoversi 4 2022
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LE CRIPTOVALUTE E IL REBUS DELLE EMISSIONI: IL CASO ETHEREUM

LE CRIPTOVALUTE E IL REBUS DELLE EMISSIONI: IL CASO ETHEREUM

Una criptovaluta, secondo la definizione di Banca d’Italia è una valuta virtuale che costituisce una rappresentazione digitale di valore ed è utilizzata come mezzo di scambio o detenuta a scopo di investimento. Si tratta di valute in genere emesse da emittenti privati che si servono di software altamente specializzati e, generalmente, di tecnologie blockchain che richiedono grandi quantità di energia. Ethereum è una di queste e con il sistema PoS promette di azzerare consumi ed emissioni.

I Bitcoin e tutte le criptovalute in generale rappresentano uno dei settori di impresa con più alto grado di innovazione, in termini di uso delle tecnologie – con le blockchain usate per molti altri scopi di tracciabilità e sicurezza – e di cambiamento socio-culturale, trattandosi di moneta, ossia strumento di scambio, mercato, potere. Si tratta di un settore che si è in breve affermato e che è ancora in forte sviluppo che, come tutto ciò che riguarda il digitale, ha un impatto ambientale e che, come molti ambiti industriali, si sta ponendo l’obiettivo della riduzione del consumo energetico e quindi delle emissioni.

Non ci sono stime complete di quante siano ad oggi le emissioni generate dalle criptovalute. Una valutazione del Cambridge Centre for Alternative Finance, solo i Bitcoin (la più diffusa ma solo una delle tante criptovalute) consumavano su base annua, ad inizio 2022, tanta energia quanto la Norvegia, con emissioni di CO2 pari, secondo altre stime, a circa 114 milioni di tonnellate. Ciò che rende questa tecnologia così impattante è il sistema con cui le valute vengono generate e le transazioni confermate, il cosiddetto mining. Tutto funziona attraverso un algoritmo e un meccanismo decentralizzato per cui si aggiunge ad ogni passaggio un blocco di una catena che resta immutabile e che l’algoritmo permette di verificare. Per rendere il processo quanto più sicuro rispetto a possibili manipolazioni, chi partecipa alla formazione della catena decentralizzata (sempre più vere e proprie mining farm, che per acquisire valore necessitano di enormi quantità di energia), deve superare complessi problemi matematici, con la necessità di grandi capacità di calcolo e con un meccanismo di competizione che tiene accesi tanti soggetti contemporaneamente.

Questo sistema, definito “Proof-of-Work” (PoW), è il fattore centrale della questione energetica e ambientale posta dalle e alle criptovalute.

Ed è proprio su questo che si sta iniziando ad agire per ridurre il consumo energetico. La piattaforma Ethereum ha infatti iniziato ad adottare uno spostamento della competizione tra più miners ad una fase precedente, la vera e propria sfida di calcolo, andando a scegliere prima un solo player che potrà accedere ai problemi matematici e provare a validarli. La competizione avviene quindi mettendo in pegno una quota del proprio capitale, incastrando così il miner in una sfida che lo coinvolge direttamente.

Il nuovo sistema, definito “Proof-of-Stake” (PoS), permette quindi di ridurre il consumo energetico e l’impatto ambientale delle criptovalute, che la stessa Ethereum stima fino ad una riduzione quasi totale (99,9%). C’è da dire che il PoS non è un sistema nuovo, con sperimentazioni che finora hanno trovato ostacoli tecnici complessi e non superati, con scetticismo ancora vivo. Ma si tratta di una prospettiva che molti addetti ai lavori ritengono non rinunciabile e capace di rivoluzionare ancora il settore, non solo in termini di sostenibilità, ma anche di modello logico ed etico, con impatto sul contrasto, da un lato, alle speculazioni e, dall’altro, sull’accentramento di potere tra pochi soggetti dotati di ingenti capitali.