Muoversi 4 2022
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PROGRAMMI E OPINIONI DELLE FORZE POLITICHE

PROGRAMMI E OPINIONI DELLE FORZE POLITICHE

Per completare l’approfondimento sulle prospettive dell’energia e della mobilità rispetto alla legislatura appena iniziata, presentiamo una serie di interviste realizzate da Marco D’Aloisi ai referenti tematici dei principali partiti che si sono presentati alle elezioni del 25 settembre.

Nella tabella invece un riepilogo delle posizioni espresse dagli stessi partiti nei rispettivi
programmi elettorali.

UN FONDO EUROPEO DI SOLIDARIETÀ
CONTRO IL “CARO BOLLETTE”

intervista a Tommaso Foti

Tommaso Foti

Fratelli d'Italia

Paolo Arrigoni - Responsabile Dipartimento Energia della Lega

Il caro energia è stato al centro del vostro programma elettorale. Quali ora gli interventi prioritari?

Il caro energia è anzitutto un problema europeo perché sappiamo bene che il gas non è aumentato solo dopo la guerra, è aumentato anche prima. È evidente che c’è una speculazione fortissima sul mercato di Amsterdam e che il prezzo oggi trattato su quella piazza è un prezzo virtuale e non da materia prima, e si abbatte sulle spalle delle famiglie e delle imprese. Nell’immediato servirebbe il price cap e il disaccoppiamento tra i costi del gas e delle rinnovabili.

In Europa però non si riesce a trovare un accordo…

C’è un atteggiamento abbastanza curioso sia di Olanda che di Germania che non vogliono il price cap. Se qualcuno pensa che impoverendo le economie dei paesi europei può guadagnare spazi di mercato sta sbagliando. Quando i mercati si perdono non si recuperano e si indebolisce tutta l’Europa. Questo bisogna averlo chiaro.

A livello nazionale cosa si dovrebbe fare?

In mancanza di un accordo europeo, potremmo pensare di adottare noi price cap e decoupling perché se non si inizia da qui è difficile trovare la soluzione a breve termine, anche perché nell’immediato non possiamo inventarci altro.

Per diversificare le fonti e gli approvvigionamenti energetici, tornare ad estrarre gas, raddoppiare il Tap e ridurre la burocrazia per le rinnovabili serve tempo. Sono comunque tutti interventi che vanno fatti per darci autonomia energetica che è anche autonomia politica.

E per le bollette?

Oltre all’extra gettito e agli extra profitti servirebbe un fondo di solidarietà europeo che aiuti i paesi più in difficoltà in questo momento. Se va in crisi un pezzo di Europa il prezzo lo paga tutta l’Europa. Il Pil europeo lo fanno tutti i paesi e non solo alcuni.

In Europa è stato raggiunto un accordo che prevede un contributo straordinario di solidarietà per le imprese energetiche che ogni Paese dovrà poi recepire. Come si concilia con la tassazione sugli extra profitti già adottata in Italia?

Per armonizzare le due norme bisogna tenere presente anzitutto che ci sono dei tecnicismi da risolvere. La norma per come è stata scritta in Italia non mi sembra abbia dato dei risultati esaltanti perché abbiamo incassato 1,3-1,4 miliardi di euro rispetto agli oltre 10 miliardi previsti.

Quindi va armonizzata anche sul metodo di calcolo. Se diventa una norma più di tipo europeo allora ci sono più garanzie per tutti.

Cosa pensa del Fit for 55. È da rivedere?

Penso che sia stata un’intuizione che aveva una sua ragione d’essere prima di questa crisi. Ora cercherei di fare le cose che si possono fare e non inseguire dei miti, perché di miti si può anche morire. Alcune previsioni andranno quanto meno ripensate.

Anche il phase out delle auto a benzina e gasolio?

Su questo tema bisogna chiarirsi. Nessuno può pensare che il passaggio dal motore a scoppio al motore elettrico sia solo un problema da oggi al 2035. È evidente che non è così perché una parte di filiera non investirà più molto prima e poi, ben prima di quella data, si porrà il problema della trasformazione e aggiornamento del personale e delle materie prime che serviranno. Non è un processo facile e in questo momento servirebbe se non altro ponderazione.

Che futuro vede per l’industria petrolifera?

Tutti i settori industriali legati in qualche modo al mondo dell’energia e della mobilità a mio avviso devono necessariamente integrarsi.

Dove non ci sono le condizioni ottimali per poter procedere su determinate strade è molto meglio tenersi quello che si ha. L’impegno è fare in modo che le varie filiere produttive contribuiscano alla crescita economica del Paese. Sarebbe meglio evitare avventure.

Conviene investire sui low carbon fuels?

Si può e si deve continuare ad investire se però le prospettive non sono di un’industria dell’automotive che nei prossimi 3-4 anni decide di vivacchiare per i prossimi 8. Il 2035 è molto più vicino di quello che sembra.

Gli scenari oggi sono diversi e dobbiamo chiederci se serve aggiustare il tiro nel tempo che abbiamo davanti per dare ai cittadini delle risposte che non siano degli slogan di bandiera.

IL “FIT FOR 55”
NON DEVE RAPPRESENTARE UN DOGMA

intervista a Paolo Arrigoni

Paolo Arrigoni

Lega

Lei è stato l’estensore del programma della Lega in materia di energia, uno dei pochi in cui si è parlato di un piano organico per la riconversione del settore petrolifero e la promozione dei carburanti low carbon (biofuel e sintetici). Crede potrà essere fatto proprio, e nel caso, fino a che punto, dal nuovo Governo?

Con 40 milioni di automobili endotermiche circolanti in Italia, rinunciare a decarbonizzare i carburanti per puntare tutto sulla sola tecnologia elettrica, che oggi incontra solo in piccola parte i bisogni dei consumatori, è illogico, irrazionale. Occorre invece sostenere con convinzione la riconversione della filiera automobilistica secondo il principio della neutralità tecnologica e promuovere la progressiva evoluzione e trasformazione dei sistemi di produzione, logistica e commercializzazione oggi dedicati ai prodotti fossili verso lo sviluppo dei carburanti low carbon, salvaguardando anche le risorse umane attualmente impiegate attraverso una loro riqualificazione verso le nuove tecnologie. La Lega, in continuità con le azioni messe in atto durante la legislatura che si è appena conclusa, in maggioranza e al Governo sosterà convintamente i carburanti low carbon, come i biocarburanti, i carburanti sintetici, ma anche il biometano, il bioGPL e il bioGNL.

Si parla anche di volere agire in sede europea per introdurre il criterio del Life Cycle Assessment, la neutralità tecnologica e di voler difendere la filiera automotive. Come?

L’assunto che un’auto elettrica sia a emissione zero deriva solo da una insensata convinzione legata alla misurazione delle emissioni al tubo di scarico del mezzo. Occorrerebbe più serietà e adottare in sede europea il criterio LCA (Life Cycle Assessment) che è in grado di valutare realmente l’impronta carbonica delle auto.

Anche in questo caso la Lega al governo si è fatta sentire ed ha risposto con chiarezza per garantire un futuro sostenibile ma senza ideologismi alle future generazioni. Ci siamo battuti nella precedente legislatura affinché il Governo si impegnasse a valutare l’applicazione del Life Cycle Assessment per calcolare le reali emissioni dei gas che alterano il clima. Lo faremo anche in Europa.

A breve partiranno i negoziati sul Fit for 55. In questo ambito, uno degli aspetti molto dibattuti, proprio per le conseguenze sulla filiera automotive, è quello del phase out dei motori a combustione interna. Pensa che con la nuova maggioranza cambierà qualcosa nella posizione italiana?

Il nemico da contrastare responsabile dei cambiamenti climatici è la CO2, non l’auto a combustione interna. La decisione di Bruxelles non solo è una pericolosa entrata a gamba tesa nel settore dell’automotive, dove l’Italia ha una filiera di eccellenza anche nel settore della componentistica che rischia in pochi anni di perdere decine di migliaia di posti di lavoro, ma è un errore clamoroso che viola il principio della neutralità tecnologica, che dovrebbe invece essere garantito, perché tutte le tecnologie che contribuiscono alla decarbonizzazione devono essere messe in competizione tra loro. Chi investirebbe più nell’automotive e nel settore della raffinazione che si stava riconvertendo nei carburanti low carbon? A che servirebbe costruire la filiera dei biocarburanti se poi non si hanno i motori?  Il ‘Fit for 55’ non deve rappresentare un dogma e la nuova maggioranza di centrodestra ha il dovere di dire basta agli integralismi sul Green Deal che arrivano da Bruxelles.

Diversificazione delle fonti e sicurezza energetica. Come pensate debba essere affrontato il problema?

Bisogna proseguire nello sviluppo di tutte le rinnovabili, compreso idroelettrico, geotermia e biomasse. Occorre valorizzare energeticamente i rifiuti e, temporaneamente, ricorrere alle centrali a carbone rimaste operative in Italia. Ma innanzi tutto è fondamentale riconoscere il ruolo di accompagnamento strategico del gas nella transizione ecologica. 

È perciò necessario proseguire con le azioni messe in campo dal Governo uscente per diversificare le fonti di approvvigionamento del gas potenziando infrastrutture come il Tap e procedere con i due rigassificatori flottanti previsti a Piombino e Ravenna. Occorre anche riprendere l’esplorazione e la produzione nazionale di gas naturale, anche ricorrendo a modifiche del PiTESAI. Nel lungo termine bisogna poi riaprire al nucleare, di ultima generazione pulito e sicuro, tecnologia riconosciuta come sostenibile e per questo inserita nella tassonomia UE.

Caro bollette. Dopo mesi di discussione ancora non si è trovata una soluzione a livello europeo. Cosa si aspetta a questo punto anche a livello nazionale?

Sul price cap l’Europa ha già perso tanto tempo. Da quando il Governo italiano ha chiesto di introdurre un tetto europeo al prezzo del gas sono passati oltre 5 mesi con un nulla di fatto e nel frattempo i prezzi di gas e elettricità sono ulteriormente aumentati. Temo che anche la recente proposta, sempre italiana, di un corridoio dinamico al prezzo del gas non riscontrerà l’atteso consenso. A questo punto per contrastare il caro energia – che ha caratteristiche strutturali – il nuovo Governo, in sede europea, oltre che un ulteriore tentativo di introduzione del price cap, evitando controproducenti tetti nazionali, dovrebbe chiedere un meccanismo di redistribuzione di risorse con un Energy Recovery Fund e, perché no, anche la sospensione temporanea del mercato ETS. A livello nazionale, invece, per affrontare un inverno che sarà durissimo, il nuovo esecutivo dovrà potenziare le misure ripetutamente adottate da oltre un anno dall’esecutivo Draghi, magari prevedendo incentivi economici al risparmio di energia.

Politiche fondate su obblighi da imporre ai cittadini rispetto a informazione, consapevolezza e libertà di scelta. Quale la strada più efficace per raggiungere gli obiettivi ambientali?

La Lega è sempre per la libertà di scelta consapevole. Occorre però che i cittadini siano sensibilizzati con campagne informative pubbliche in grado di suggerire l’adozione di adeguate regole comportamentali.

Il cittadino deve essere aiutato a comprendere che riducendo i consumi energetici non solo contiene il costo delle proprie bollette, ma può contribuire a determinare impatti importanti sul sistema energetico del paese e conseguire gli obiettivi ambientali comuni. Nel nostro programma
elettorale in materia di energia abbiamo indicato l’alfabetizzazione energetica quale attività prioritaria da promuovere.

MOBILITÀ: RIMETTERE

LA TRANSIZIONE NELLA GIUSTA DIREZIONE

intervista a Luca Squeri

Luca Squeri

Forza Italia

Quali sono le priorità per contrastare il caro energia?

La questione energetica è diventata una vera emergenza e va affrontata con urgenza assoluta perché è diventata un problema economico che sta facendo più male a noi che ad altri Paesi. Diciamo anche che ha acuito alcuni punti critici della transizione che confermano le tesi che abbiamo portato sempre avanti e cioè di una transizione condizionata da elementi ideologici e del no a tutto, troppo basata sull’incremento dei consumi di energia elettrica.

In concreto?

Si tratta di rivedere anzitutto il Pniec, di cui a suo tempo avevamo evidenziato tutte le criticità. Sembrava quasi che l’obiettivo principale fosse l’elettrificazione totale. Noi invece sappiamo che l’energia elettrica è un elemento fondamentale della transizione energetica che però deve essere frutto di un mix equilibrato tra le diverse fonti. Tutto questo è stato falsato da una visione un po’ ideologica.

Ciò vale anche per la mobilità?

La mobilità è uno di quei settori in cui la neutralità tecnologica è stata tradita in maniera evidente perché non è solamente con le vetture elettriche che si può fare una transizione sostenibile ed efficace. Lo abbiamo visto con la decisione europea di vietare dal 2035 la vendita di veicoli che non siano elettrici. Anzi, questo divieto, a mio avviso, rende le cose ancora più difficili perché ci fa prendere scorciatoie mentre non siamo ancora pronti perché sia favorevole anche dal punto di vista ambientale.

Una decisione che cercheremo di contrastare in Europa e direi che spazio per farlo ce n’è. 

Quale dovrebbe essere la strada per arrivare ad una decarbonizzazione sostenibile e sicura?

Ho bene in mente quale è la torta della richiesta energetica: il 50% per uso termico, il 25% per la mobilità e il 25% per l’energia elettrica – di cui il 35% dalle rinnovabili.

Perciò dobbiamo concentrarci a colmare il restante gap del 65% per far sì che l’energia elettrica sia sempre più da fonti rinnovabili e non immaginare di coprire il 100% della mobilità con l’elettrico perché se ci mettiamo anche il termico non ce la facciamo; è un’impresa che ci allontana da quelli che sono interventi sostenibili.

Devono perciò entrare in maniera massiccia anche altre fonti come,
ad esempio, le bioenergie, le biomasse e tutto quello che ne consegue.

In questo discorso rientra anche il nucleare?

Nel lungo periodo è necessario implementare tutte le energie rinnovabili quanto più possibile, ma sappiamo che non basteranno per l’obiettivo finale della decarbonizzazione totale. Per questo non potremo fare a meno del nucleare di ultima generazione che dà risposte concrete e tranquillizza anche sul fronte della sicurezza. Ci vorranno 20-30 anni e perciò dobbiamo cominciare a pensarci ora per non farci trovare impreparati. In questo percorso il gas, che oggi sta mettendo a rischio la tenuta di molti paesi, resterà fondamentale.

A proposito di bioenergie, per la mobilità ci sono i low carbon fuels. Farete una battaglia anche su questi in Europa?

Dobbiamo e vogliamo farlo proprio per rimettere la transizione nella giusta direzione anche nel campo della mobilità. Con la verifica prevista al 2026 si è aperta una piccola finestra che dovremo sfruttare al massimo e sono convinto che le condizioni ci sono. I biocarburanti sono in grado di dare risposte concrete alla richiesta di fonti rinnovabili anche nella mobilità. In Italia abbiamo già due bioraffinerie ma si può fare di più. All’estero ci sono realtà già molto avanti. È anche un modo per attenuare il no ideologico a qualunque ipotesi che non sia legata all’elettrico.

Sicurezza energetica. Come può essere affrontata in modo efficace?

Quello che si poteva fare a livello nazionale è stato fatto, non tutto ma molto. Si sono cercati nuovi approvvigionamenti da nuovi Paesi. A queste  nuove forniture si lega un problema di infrastrutture come i rigassificatori. Rispetto ai 5 che erano stati proposti negli anni passati, siamo riusciti a fare solo quello di Rovigo sotto il Governo Berlusconi. Ora dobbiamo correre per recuperare il tempo perduto. Almeno i due di Piombino e Ravenna dobbiamo riuscire a farli al più presto.

Dobbiamo anche riuscire a sfruttare meglio il patrimonio energetico nazionale. Non risolverebbe tutti i problemi ma aiuterebbe a dare risposte anche nell’immediato. È comunque sempre più evidente che deve avere una risposta a livello europeo ma manca una regia autorevole che unisca e questo è motivo di grande delusione. Basta guardare alla discussione sul price cap, sul quale non si riesce ad arrivare ad una soluzione perché manca la volontà di alcuni Stati.

Penso alla Norvegia, ad esempio, che approfittando del momento sta facendo profitti stellari.

Tra imporre qualcosa e lasciare libertà di scelta ai consumatori cosa dovrebbe prevalere?

È chiaro che puntare solo sugli obblighi è sbagliato, ancora peggio se dettati dall’ideologia. Voglio fare un esempio sulla nostra capacità di farci del male. In Lombardia abbiamo un problema di qualità dell’aria dovuto sia al trasporto che alle caldaie a biomasse. A livello regionale ci sono misure che incentivano il ricambio delle vecchie caldaie con quelle ad alte prestazioni. Solo Milano le ha vietate su 1.500 Comuni lombardi.

Questo vale anche nella mobilità, dove invece di promuovere il ricambio del parco auto si vietano. Ciò crea distorsioni e disuguaglianze.

Servirebbe una visione molto più aperta volta favorire i comportamenti e non a imporli.

SARANNO I PREZZI A SPINGERE GLI ITALIANI  A RISPARMIARE ENERGIA

intervista a Antonio Misiani

Antonio Misiani

Partito Democratico

Nel programma sull’energia del PD si parlava soprattutto di rinnovabili, economia circolare, mobilità sostenibile, riforma fiscale verde, transizione ecologica più che energetica. Cosa si aspetta dal nuovo Governo su questi temi?

Ci aspettiamo un intervento immediato per rafforzare gli aiuti per le imprese e le famiglie e stabilire un tetto al prezzo dell’elettricità, differenziando il costo di quella prodotta da fonti diverse dal gas: l’inverno si prospetta molto duro, dobbiamo fare il massimo sforzo possibile.

I vincoli burocratici all’installazione delle rinnovabili vanno ulteriormente semplificati, ci sono enormi capitali pronti ad essere investiti. Sfruttare questa opportunità è una questione di sicurezza nazionale. Per finanziare queste misure è necessario utilizzare tutto lo spazio fiscale certificato dalla Nota di aggiornamento al DEF (9-10 miliardi di euro per il 2022) e prorogare e rendere più efficace la tassa sugli extra profitti.

Avete parlato di opposizione dura ma costruttiva. Quali possono essere, se ci sono, i punti di condivisione?

Noi siamo da tempo per un tetto europeo al prezzo del gas e per un intervento comune della UE per finanziare misure di sostegno per le famiglie e le imprese. Crediamo necessario potenziare, a livello nazionale, misure come il credito d’imposta e il bonus sociale. Siamo a favore dei rigassificatori di Piombino e Ravenna.

Se il nuovo Governo farà proprie queste proposte, sarà un fatto positivo per il Paese.

A breve inizieranno i negoziati sul Fit for 55. Pensa che con il nuovo Governo cambierà qualcosa nei rapporti con l’Europa?

Per il momento Giorgia Meloni sta adottando una linea prudente. È una scelta saggia. Speriamo che sia appoggiata anche da Salvini.

L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno di fronte alla peggiore crisi geopolitica ed energetica dal dopoguerra è una stagione di conflittualità con le istituzioni europee. Sul pacchetto Fit for 55 credo sia opportuno lavorare per migliorare gli strumenti di gestione della transizione, presidiando al meglio i tavoli decisionali di Bruxelles: penso innanzitutto al settore dell’automotive. In generale, sono convinto che il modo migliore di difendere l’interesse nazionale italiano oggi più che mai sia rafforzare l’Europa. Se si va in ordine sparso, è un danno per tutti ma innanzitutto per l’Italia.

Guardando alle prospettive di gestione dell’emergenza energetica da una parte e della transizione dall’altra sono più efficaci politiche fondate su obblighi o invece su informazione, consapevolezza e libertà di scelta?

Alcuni vincoli saranno necessari, ma lo Stato non può certo imporre ai cittadini obblighi come la temperatura a cui riscaldare le case.

Saranno i prezzi a spingere gli italiani a risparmiare il più possibile energia. Semmai sarebbe utile definire e finanziare un piano pluriennale di efficientamento energetico delle abitazioni e di rinnovamento del parco auto. Il super bonus finisce tra non molto e dobbiamo sostituirlo con incentivi ragionevoli e stabili nel tempo, almeno fino al 2030. Lo stesso ragionamento vale per i veicoli privati. I limiti alla circolazione di quelli più inquinanti sono inevitabili, ma parallelamente è indispensabile investire massicciamente sul trasporto pubblico e incentivare le fasce sociali più deboli verso un sistema di mobilità più sostenibile.

SUL CARO ENERGIA PRONTI A DARE

TUTTO IL SOSTEGNO NECESSARIO

intervista a Alessandra Todde

Alessandra Todde

M5S

Nel “Governo Draghi”, in qualità di Viceministra al MiSE, e nel Governo Conte II di Sottosegretaria al MiSE, si è molto occupata di energia e di filiere energetiche. Da ora dovrà farlo dai banchi dell’opposizione. Su cosa concentrerete la vostra azione?

Il M5S ha fatto della transizione ecologica un punto centrale del programma e continuiamo a ribadire che investire sulle rinnovabili comporterebbe un risparmio sostanziale. Se avessimo raggiunto il target di rinnovabili per la produzione di energia elettrica entro il 2030, oggi avremmo una bolletta elettrica complessiva di 45 miliardi – nel 2021 è stata di 75 miliardi – quindi l’impatto dell’aumento del prezzo del gas sarebbe stato inferiore del 40%. Noi abbiamo delineato nel programma un percorso chiaro, nuovo e realizzabile, basato su misure a breve e medio termine. Tra queste, permettere alle aziende energivore di acquistare energia a un prezzo calmierato grazie all’Energy Release ma di ricevere anche un contributo alla decarbonizzazione attraverso un adeguato finanziamento del fondo Ets che ho costituito al Mise sotto il governo Conte II. E poi incidere in modo sostanziale sugli extra profitti delle aziende energetiche perché non è tollerabile che alcune abbiano realizzato il 600% dei ricavi mentre famiglie non riescono a pagare le bollette e intere filiere industriali chiudono.

Durante la campagna elettorale il tema del “caro energia” è stato al centro del dibattitto. Voi, ad esempio, avete chiesto un Energy Recovery Fund. Cosa si aspetta dal nuovo Governo da questo punto di vista?

L’allarme lo abbiamo lanciato diversi mesi fa. Abbiamo chiesto un Energy Recovery Fund, sulla scia di quanto fatto col Next generation EU, il tetto al prezzo del gas e la necessità di approvvigionamenti comuni europei. Siamo stati i primi a parlare di tassazione sugli extra profitti. Il provvedimento doveva essere scritto sicuramente meglio e ora serve una nuova norma efficace che dovrà fare il Governo entrante nei primissimi giorni. Mi auguro che la Meloni comprenda la necessità di una risposta europea forte. Su questo tema siamo pronti a dare tutto il sostegno necessario all’esecutivo. Non faremo come la Meloni che in piena pandemia ha fatto opposizione in maniera totalmente irresponsabile arrivando a non votare per ben 5 volte il Pnrr.

Ritenete possibile ridiscutere il PNRR come sembra voglia fare la nuova maggioranza? In caso, quali punti?

Non credo che ridiscutere il Pnrr sia la priorità per l’Italia, anzi. Bisogna fare le riforme per avere tutte le risorse previste, questo sì che è centrale e urgente. Affrontare la pandemia energetica, aiutare chi ha di meno, combattere povertà e precarietà, fare le riforme necessarie in modo che l’Europa non interrompa l’invio di risorse che con tanta fatica Giuseppe Conte ha prima trattato e poi ottenuto.

Sulla mobilità la vostra posizione è sempre stata a favore del tutto elettrico. A breve inizieranno i negoziati (trilogo) sul Fit for 55. Pensa che con il nuovo Governo cambierà qualcosa nei rapporti con l’Europa?

Vedremo il Governo alla prova dei fatti. Non credo che si distanzierà molto dalle politiche portate avanti dal Governo Draghi e negare le necessità indotte dal cambiamento climatico non è certo la strada giusta. Lo è invece creare velocemente supporti ed economie di scala per le nuove filiere che la transizione ecologica porta con sé in modo da bilanciare la trasformazione dell’automotive. Certo, la nuova maggioranza non mi sembra abbia cominciato col piede giusto litigando su tutto e tutti. I dossier sono tanti e sono impegnativi, non c’è davvero tempo da perdere.

Gli obiettivi del Green Deal si allontaneranno?

Non credo. L’Europa è stata chiara e noi come forza progressista ed ecologista abbiamo sostenuto le scelte prese in ambito europeo. Ora però bisogna urgentemente intervenire per venire incontro alle esigenze dei cittadini: rischiamo che questa pandemia energetica distrugga intere filiere industriali. Lo scenario è spaventoso.

Emergenza energetica e transizione.

Come ritiene sia più opportuno procedere come iniziativa parlamentare e di governo: con politiche fondate su obblighi da imporre ai cittadini o fondate invece su informazione, consapevolezza e libertà di scelta?

Noi abbiamo sempre detto che le scelte imposte dall’alto non portano mai a nulla di buono. Non bisogna mai imporre, ma far comprendere alle persone il perché si fanno determinate azioni. Quando si parla di fare nuove infrastrutture o quando si parla di grandi opere, molto spesso i cittadini non vengono sufficientemente presi in considerazione alimentando così polemiche e scetticismo. Che benefici porta questa nuova infrastruttura? Che vantaggi offre al territorio? Alle famiglie? All’indotto? Che impatti ha dal punto di vista ambientale? Se le Istituzioni fossero in grado di rispondere a queste domande, che i cittadini spesso rivolgono a chi amministra o a chi governa, sicuramente riusciremmo a costruire maggiore informazione e consapevolezza.

UN MIX DI SOLE RINNOVABILI

SAREBBE INSOSTENIBILE PER L’ITALIA

intervista a Giuseppe Zollino

Giuseppe Zollino

Azione - Italia Viva

In materia di energia il programma elettorale di Azione e Italia Viva era molto dettagliato. Sarebbe bastato a risolvere i problemi?

Il nostro programma energia è l’unico che, con pragmatismo ed efficacia, distingue chiarmanete gli interventi urgenti, indispensabili per affrontare la drammatica crisi di approvvigionamento e di prezzi che stiamo vivendo; quelli necessari a conseguire gli obiettivi concordati al livello comunitario per il 2030 con l’installazione di almeno 70 GW di nuova potenza rinnovabile, soprattutto fotovoltaico ed una quota di eolico, più tutti i necessari potenziamenti di rete e di sistemi di accumulo; quelli che dal 2030 in avanti ci consentiranno di azzerare davvero le emissioni entro il 2050, con l’impiego di un mix di generazione elettrica equilibrato, che comprende rinnovabili e nucleare della generazione più moderna disponibile, cioè la così detta terza generazione evoluta. E non traggano in inganno le date lontane: anche gli ambiziosissimi obiettivi al 2050 richiedono azioni immediate di carattere legislativo e regolatorio; l’emergenza di oggi è infatti figlia di decisioni non prese o prese senza le dovute approfondite analisi di impatto, nei passati 25-30 anni. Non ripetiamo oggi lo stesso errore, per ritrovarci tra pochi anni in una crisi persino peggiore. Oggettivamente gli altri programmi erano molto lontani dalla nostra completezza e, mi lasci dire, concretezza.

A ben vedere ci sono molti punti di contatto con quello della coalizione che ha vinto le elezioni. Quali siete pronti a sostenere?

Siamo stati gli unici ad elaborare una proposta puntuale per porre un tetto al prezzo del gas e dell’energia elettrica per le imprese e le famiglie italiane, per tutto l’inverno, sino a marzo 2023, individuando le coperture necessarie. Purtroppo, l’incapacità, o mancanza di coraggio che dir si voglia, della Commissione e del Consiglio europeo nell’individuare e rendere rapidamente efficace un tetto comunitario al prezzo del gas, obbliga anche il nostro Paese a far da sé, in una situazione di finanza pubblica oggettivamente più difficile rispetto ad altri partener europei. Per questo – abbiamo detto – occorre rinunciare a molte delle promesse che altri hanno avanzato in campagna elettorale e concentrare le risorse sulla drammatica crisi energetica. Ci sarebbero tante cose da fare: assicurare che il rigassificatore di Piombino entri in servizio prima di marzo 2023; rilanciare l’estrazione domestica di gas; un tetto nazionale ai prezzi dell’energia; disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica prodotta a gas e da fonti diverse; indicare parametri oggettivi nazionali per l’individuazione delle aree idonee alla installazione di grandi impianti di generazione privi di emissioni di CO2, fotovoltaici, eolici e di accumulo sino al 2030, anche nucleari dal 2030 in avanti; ammodernare le procedure autorizzative, pianificando taglie e localizzazione degli impianti, onde evitare che richieste autorizzative si affastellino spesso sulle stesse aree (oggi le richieste sono arrivate 300 GW) concentrate in poche regioni; agevolare l’autoproduzione sia a livello civile che industriale; dotarci di un serio piano di sviluppo di tecnologie energetiche low-carbon sino al 2050 e oltre; definire nuove regole per la loro remunerazione, che valorizzino le caratteristiche di continuità di alcune: sono tutti esempi di nostre proposte che semplicemente coincidono con esigenze improrogabili del Paese. Se il nuovo governo le adotterà noi le sosterremo. Che la nostra proposta non fosse “con noi altrimenti vincono gli altri”, ma “con noi per fare quel che è scritto nel programma” era ben chiaro, credo, in campagna elettorale.

A breve inizieranno i negoziati sul Fit for 55. Pensa che con il nuovo Governo cambierà qualcosa nei rapporti con l’Europa?

Gli obiettivi del pacchetto Fit for 55 sono certamente sfidanti. La bufera che stiamo attraversando, l’incertezza sulla sua durata e sull’impatto complessivo sulla finanza pubblica, avranno certamente un impatto sui negoziati. Non tanto nel senso di abbandonare o ridurre l’ambizione di quegli obiettivi, alcuni dei quali peraltro hanno aiutano ad uscire dalla crisi – penso ad esempio all’incremento delle rinnovabili elettriche che ridurrà il fabbisogno di gas – quanto sul differimento del target temporale: il 2030 potrebbe diventare il 2035. Quanto ai rapporti con le Istituzioni europee, per esperienza diretta posso dire che l’Italia non è che nei passati 20 anni abbia brillato per capacità di analisi ex-ante delle varie proposte europee in tema di energia, susseguitesi a ritmi incalzanti, di volta in volta alzando l’asticella. Anzi, purtroppo spesso ne abbiamo sottovalutato l’impatto, occupandocene quando era ormai tardi per aggiustarne le traiettorie. Va detto che con il governo Draghi e con il Ministro Cingolani l’approccio è cambiato in modo significativo, pur nella brevità del mandato. Dalle dichiarazioni mi pare che il nuovo Governo intenda proseguire sulla stessa strada: c’è ovviamente da augurarselo, perché c’è ancora tanto lavoro da fare.

 

Gli obiettivi del Green Deal si allontanano?

Potrebbero allontanarsi di poco: le emissioni potrebbero essere azzerate entro il 2060 invece che entro il 2050, ma azzerarle non è un’opzione è un must. Però attenzione, riuscirci o no dipende dalle tecnologie che verranno utilizzate per conseguire l’obiettivo nei singoli Paesi. Come abbiamo chiaramente scritto nel nostro programma, per azzerare le emissioni, nel lungo periodo, anche in Italia abbiamo bisogno di un mix di fonti rinnovabili e nucleare. Come hanno già deciso in Francia, Inghilterra, Svezia, Finlandia, Polonia, USA, Canada, Giappone, Cina, India. E non del nucleare che verrà, quarta generazione e fusione, dobbiamo partire con i reattori più moderni, efficienti e sicuri già disponibili, quelli della terza generazione evoluta. Crediamo che mix di circa 380 GW tra impianti rinnovabili e di accumulo e circa 35 GW nucleari, su 7 centrali, sia la soluzione ottimale per azzerare davvero le emissioni di CO2 in un come l’Italia che al 2050 avrà bisogno di almeno 650-700 TWh di energia elettrica, due volte e mezza il fabbisogno attuale.

E anche questa non è una scelta politica: sono le analisi di scenario a dimostrare che un mix di sole rinnovabili in Italia sarebbe insostenibile in termine di costi e di impatto sul territorio. E, mi pare ovvio, le analisi di scenario non hanno colore politico.