Muoversi 2 2023
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ROMA CHIAMA BERLINO… CHE NON RISPONDE

ROMA CHIAMA BERLINO… CHE NON RISPONDE   

di Antonio Pollio Salimbeni

Antonio Pollio Salimbeni

Corrispondente da Bruxelles del Sole 24 Ore

L’eventualità che i biocarburanti possano essere equiparati agli e-fuels per alimentare le auto e i furgoni nuovi a motore endotermico oltre il 2035 è per ora esclusa dalla Commissione europea. Dopo l’accordo raggiunto dal Consiglio Energia a fine marzo, faticosamente raggiunto dopo settimane di negoziato diretto fra Bruxelles e Berlino per evitare il blocco del regolamento sulla riduzione delle emissioni di CO2 del 100%, un’intervista della Commissaria Kadri Simson a RaiNews24 aveva fatto sperare al Governo e ai produttori italiani di biocarburanti che la partita non fosse chiusa. La Commissaria estone aveva infatti detto che “i biocarburanti sono un argomento che verrà trattato: noi sosteniamo le iniziative al riguardo, è mia responsabilità sostenere i produttori, il sostegno (della Commissione) c’è ed è forte”. Parole chiare, tuttavia non riferite specificatamente al regolamento sulle emissioni di CO2 per auto e furgoni. Che si sia trattato di un equivoco è evidente, indotto dall’esigenza italiana di gestire una sconfitta negoziale a Bruxelles, non poi controverso. Sta di fatto che Bruxelles ha successivamente e pubblicamente chiarito che la Commissaria Simson nell’intervista televisiva “si riferiva alla più ampia questione del mix energetico e non al settore dei trasporti, non avendo mai affermato che i biocarburanti avranno un ruolo nella futura attuazione di quelle norme, ma solo che saranno una parte importante di vari dossier legislativi UE”. dal canto suo, il portavoce comunitario Tim McPhie aveva rafforzato questa posizione affermando che “il tema dei biocarburanti è delicato in termini di sostenibilità ed emissioni zero di gas a effetto serra perché c’è un impatto sull’uso dei terreni”.

Attualmente lo spazio per continuare a investire sui biocarburanti nella UE ci sarà (basti pensare al trasporto aereo e marittimo), ma per ora non si prevede di equipararli agli e-fuels per alimentare auto e furgoni nuovi dal 2035

In ogni caso attualmente la Commissione “non è in grado di dire quali potranno essere le alternative per il post 2035, molto dipenderà dalle tecnologie disponibili in quel momento”. Abbiamo detto: per ora e attualmente. In sostanza, lo spazio per continuare a investire sui biocarburanti nella UE ci sarà (basti pensare al trasporto aereo e marittimo), ma per ora non si prevede di equipararli agli e-fuels per alimentare auto e furgoni nuovi dal 2035. D’altra parte, questo quadro era già chiaro dall’inizio dell’ultimo negoziato condotto dalla Commissione europea per superare l’opposizione di Italia, Polonia e Bulgaria (la quale in realtà aveva dichiarato l’astensione), abilmente sfruttata dalla Germania con il solo obiettivo di assicurarsi la deroga per gli e-fuels: nelle discussioni Bruxelles-Berlino il tema dei biocarburanti non è mai entrato. E chiaro è il risultato della trattativa condensato nella dichiarazione con la quale la Commissione europea ha definito il modo in cui procederà nei prossimi mesi. Tutto si gioca sul “Considerando 11” del regolamento che costituisce il punto di partenza delle iniziative legislative future (il “Considerando” è una integrazione del testo di legge per spiegare le ragioni di una disposizione e non contiene enunciati di carattere normativo). Intanto Bruxelles presenterà un regolamento di esecuzione per l’omologazione dei veicoli con una procedura “a prova di evasione per i veicoli alimentati esclusivamente, e in modo permanente, con carburanti rinnovabili di origine non biologica”. Poi, dopo la consultazione dei portatori di interessi (innanzitutto i settori produttivi, ma non solo), la Commissione proporrà un atto delegato per specificare in che modo “i veicoli che utilizzano esclusivamente elettrocarburanti potrebbero contribuire agli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2”. L’esclusione dei biocarburanti non avrebbe potuto essere più netta. Non si può non notare come la dichiarazione interpretativa comunitaria, che ha permesso l’adozione definitiva del regolamento, abbia una intensità prescrittiva superiore al “Considerando 11”. Quest’ultimo, infatti, si limita a indicare che la Commissione “presenterà una proposta relativa all›immatricolazione posteriore al 2035 di veicoli che funzionano esclusivamente con combustibili neutri in termini di emissioni di CO2 in conformità al diritto dell’Unione, al di fuori dei livelli di prestazione in materia di emissione del parco veicoli, e conformemente all’obiettivo della neutralità climatica dell’Unione”. In sostanza, attualmente i biocarburanti non vengono considerati dalla UE “neutri” dal punto di vista dell’impatto ambientale, ma la partita per dimostrarlo in futuro, sulla base del “Considerando” resta aperta.

Segnale importante, dal momento che proprio sul principio della neutralità tecnologica aveva fatto leva il tentativo italiano di difendere il più possibile la filiera della produzione auto a motore endotermico

La dichiarazione aggiuntiva della Commissione, limitando l’interpretazione ai soli e-fuels, segnala che tale spazio sarebbe ora ristretto, almeno sulla carta. Segnale importante, dal momento che proprio sul principio della neutralità tecnologica aveva fatto leva il tentativo italiano di difendere il più possibile la filiera della produzione auto a motore endotermico. In ogni caso si può dire che la partita non è chiusa. Tuttavia, è un fatto che l’industria automobilistica europea, comprese quelle case tedesche che hanno puntato i piedi in difesa degli e-fuels, ha confermato finora la scelta strategica dell’elettrico nonostante l’accumularsi di incertezze e difficoltà, che vanno dalla disponibilità delle materie prime e per produrre batterie, al dispiegamento delle infrastrutture on the road per la ricarica al costo per i consumatori. Volkswagen, Stellantis e Renault, per esempio, si sono impegnate a passare all’80% o anche al 100% alla produzione di veicoli elettrici entro il 2030, ben cinque anni prima dello stop UE (con deroga per gli e-fuels). Il regolamento UE contiene una clausola di revisione: nel 2026  (quando ci sarà già un nuovo Parlamento europeo e quindi una nuova Commissione che potrebbe rovesciare le carte in tavola visto che le elezioni si terranno nella primavera del 2024) la Commissione dovrà valutare “in modo approfondito i progressi compiuti verso il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni del 100% all’orizzonte 2035 e l’eventuale necessità di rivederli” tenendo conto “degli sviluppi tecnologici — anche per quanto riguarda le tecnologie ibride plug-in — e dell’importanza di una transizione sostenibile e socialmente equa verso l’azzeramento delle emissioni”. Di conseguenza, dovrà essere valutata “la necessità di rivedere gli obiettivi”. Per il Governo italiano, che alla fine si è astenuto nella votazione in Consiglio dopo aver originariamente dichiarato il voto contrario, ci sarebbe lo spazio per anticipare un confronto sul merito dell’impatto pro-clima dei biocarburanti in relazione al loro utilizzo per auto e furgoni nuovi dal 2035. Spazio che però a Bruxelles, attualmente, non viene riconosciuto. Tanto è vero che dopo l’accordo di fine marzo e l’intervista della commissaria Simson, male interpretata in Italia, la Commissione ha spiegato che rispetto agli e-fuelsi biocarburanti presentano maggiori sfide dal punto di vista della neutralità climatica avendo una maggiore impronta da uso del suolo con un impatto indiretto anche sull’agricoltura”. In teoria, poi, c’è l’esportazione extra-UE: il regolamento europeo, infatti, riguarda l’immissione sul mercato dell’Unione delle auto e dei furgoni “puliti”; tuttavia, non è su questo che puntano i produttori auto in assenza di novità tecnologiche sul fronte dei carburanti “puliti”, come ha recentemente sintetizzato Carlo Tavares, AD di Stellantis: “la traiettoria del settore non cambierà significativamente, siamo sulla buona strada per fornire l’elettrificazione attesa dall’Unione europea”. Da notare che Tavares già diversi anni fa aveva accusato la UE di mancanza di realismo nella transizione forzata e accelerata all’elettrico, ma adesso prevale la difesa degli investimenti strategici già avviati dalla metà dello scorso decennio. Tutto lo sforzo, questo il messaggio dell’industria automobilistica europea, è volto a ottenere la realizzazione degli obiettivi stabiliti senza ulteriori aggravi per i produttori (le norme Euro 7). Questa la valutazione dell’AD Acea, Sigrid de Vries (l’Acea rappresenta i produttori auto europei): “la rotta è ora ufficialmente impostata per eliminare gradualmente la vendita di automobili con motori a combustione interna tradizionali. Il nostro settore accoglie con favore la certezza della pianificazione, crediamo fermamente che un approccio tecnologicamente neutrale, con al centro un’elettrificazione diffusa, sia il modo migliore per raggiungere gli obiettivi climatici”. Adesso occorre fare in modo che le auto elettriche “siano convenienti e possano essere ricaricate” e che “l’industria abbia un accesso competitivo alle materie prime essenziali e all’energia per mantenere un futuro sostenibile in Europa”. Secondo le analisi Acea, nel 2022 un’auto ogni cinque vendute nella UE aveva una “spina”; entro il 2030 ce ne saranno tre ogni cinque. Sarà veramente così? La risposta potrà arrivare solo dai consumatori.