Muoversi 1 2021
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QUALCHE NUMERO E CONSIDERAZIONE SULL’IDROGENO

QUALCHE NUMERO E CONSIDERAZIONE SULL’IDROGENO

di Alessandro Clerici

Alessandro Clerici

Honorary Chair WEC Italy and FAST (Italian Federation of Technical & Scientific Associations)

Un idrogeno (H2) verde al 100% da rinnovabili che bruciando produce vapore acqueo, abbinato ai suoi molteplici potenziali utilizzi (edifici, mobilità, industria) risulta affascinante per contribuire alla transizione energetica ed ha avuto recentemente una grande esplosione mediatica.

Tante parole sul presente e specie sul suo futuro e tanti numeri su costi, posti di lavoro creati e altro, ma ben pochi o quasi nulli i numeri che evidenzino le sue caratteristiche o il costo di produzione per gli utenti, inclusi quelli di compressione, trasporto, stoccaggio e distribuzione.

L’idrogeno ha 1/3 di energia per unità di volume rispetto al metano, sia allo stato liquido che gassoso e un punto di ebollizione a -253°C (si perde 1/3 del suo contenuto energetico nella liquefazione); 1 kg è però pari, in energia, a 33,2 kWh, 2,5 volte quella di 1 kg di metano. A parità di energia e pressione, l’idrogeno gassoso richiede 3 volte il volume di serbatoi del metano e per ridurlo occorrono pressioni elevate con relativi pesi e costi dei serbatoi: 1 litro di idrogeno gassoso a 200 bar ha il 15% dell’energia di 1 litro di benzina.

Sia per consumi attuali di idrogeno a livello globale e suddivisione dei consumi per settori e sia per le previsioni al 2050, esistono notevoli differenze tra le fonti e con frequenti cambiamenti.

L’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) riporta per il 2018 un consumo di idrogeno di 115 milioni di tonnellate, pari a 3.800 TWh; la produzione deriva per il 61% dal metano, il 23% dal carbone, il restante da prodotti petroliferi e in piccola parte da elettrolisi; il 99% dell’idrogeno è oggi “nero” con notevoli emissioni di CO2, pari a circa 9 kg per ogni kg di idrogeno da metano. I consumi principali, sempre secondo l’Aie, sono concentrati per il 34% nelle raffinerie ed il 28% per la produzione di ammoniaca e il 9% di metanolo. In Italia la produzione prevista per il 2020 è circa 600.000 tonnellate, pari a 20 TWh.

Quanto ai “colori” da attribuire all’idrogeno, di cui si si sente parlare molto, non esiste una declaratoria concordata. In base anche alle indicazioni emerse al World Energy Congress del 2019, tenutosi ad Abu Dhabi, si può intendere:

– idrogeno “nero”: da combustibili fossili, senza alcuna cattura delle emissioni di CO2;

– idrogeno “grigio”: prodotto con parziale cattura delle emissioni di CO2;

– idrogeno “blu”: da energie non rinnovabili ma senza emissioni di CO2 (come da combustibili fossili con totale cattura della CO2 o con elettrolisi da elettricità da nucleare);

– idrogeno “verde”: prodotto completamente da energie rinnovabili e prevalentemente mediante elettrolisi che scinde la molecola dell’acqua producendo idrogeno ed ossigeno poi immesso in atmosfera.

Alcuni parlano di un idrogeno “viola “ottenuto per pirolisi dal metano mediante l’applicazione di calore.

Il costo* attuale di produzione dell’idrogeno da combustibili fossili, secondo l’Aie, varia da circa 1 a 2,7 dollari/kg in funzione dei costi locali e di eventuale cattura della CO2 prodotta; il costo di idrogeno “verde” da elettrolisi varia da 3 a 7,5 dollari/kg in funzione dei costi locali di elettricità da FER e relative ore equivalenti/anno. In Italia, con CCUS (Carbon Capture Use &Storage), l’idrogeno “blu” è valutato preliminarmente a 2,3-2,5 euro/kg, mentre da elettrolisi da impianti utility scale sarebbe ottimisticamente intorno a 6 euro/kg (180 euro/MWh) con ipotetiche 2.500 ore equivalenti/anno per l’eolico e circa 7 euro/kg (210 euro/MWh) con 1.500 ore anno per il fotovoltaico; in energia l’idrogeno “verde” costerebbe quindi 2,6-3 volte l’idrogeno “blu” e ben 12-14 volte il metano (oggi in Borsa intorno a 15 euro/MWh).

Per quanto riguarda lo sviluppo degli elettrolizzatori, componente fondamentale per la produzione di idrogeno verde, occorre sottolineare che un elettrolizzatore non è un semplice apparecchio, ma un complesso impianto con vari sottosistemi e componenti. Con alimentazione da FER variabili, la sua ottimizzazione in termini di flessibilità, efficienza, vita utile e costi di capitale (CAPEX) e di esercizio (O&M) risulta ancora poco considerata negli scenari, ma deve essere attentamente valutata caso per caso considerando la tipologia e le caratteristiche della fornitura sia di energia elettrica che di cessione di idrogeno.

Le varie fonti forniscono notevoli differenze specie per i valori futuri a lungo termine del CAPEX per impianti di elettrolisi. Restando all’Europa, le tendenze per il CAPEX valutato dal gruppo di lavoro Store &Go sostenuto dalla Commissione europea, siamo, per le attuali taglie massime da 5-6 MW, intorno ai 1.000 euro/kW che si ridurrebbe del 25-30% portando la taglia a 100 MW. Ulteriori sviluppi tecnologici e maggiori volumi di mercato potrebbero spingere il costo a 360-500 euro/kW nel 2030 e 160-250 euro/kW nel 2050 e con efficienze fino al 75%.

Interpolando i dati di Aie, al 2050 si arriverebbe a 1,25 dollari/kg; il costo dell’energia dell’idrogeno a bocca di elettrolizzatore sarebbe ben 2,3 volte il prezzo di 13 €MWh del 2019 nelle borse UE del metano.

Considerando, come anche sottolineato dall’Aie, che l’idrogeno “blu” sarà più competitivo ancora per vari anni rispetto a quello “verde”, occorrerà confrontarsi con i risultati di studi ed azioni parallele per l’idrogeno “blu” per una sua diffusione nel modo più conveniente per il nostro Paese

Se in Italia si volesse decarbonizzare con idrogeno “verde” entro il 2030 la produzione di idrogeno “nero”, occorrerebbero circa 26 TWh di elettricità “verde” e ciò corrisponderebbe a 11.000 MW addizionali di eolico o 16.500 MW di fotovoltaico, rispetto ai già ambiziosi programmi del PNIEC (Piano Nazionale Energia e Clima) che prevedono circa 10 GW di eolico e 32 GW di fotovoltaico da installare dal 2020 al 2030.

La sostituzione dal 2030 al 2050 del gas metano con idrogeno “verde” nella sola produzione di elettricità implicherebbe circa 80 GW addizionali di eolico o 120 GW di fotovoltaico, ben più di quanto necessario per la produzione diretta da FER e con costi superiori.

In conclusione, tralasciando dati sui suoi campi di infiammabilità e coefficiente di diffusione e quindi sicurezza, una estesa applicazione di un idrogeno “verde” da elettrolisi è interessante per una transizione energetica, ma pone ancora notevoli sfide tecnologiche, legislative, regolatorie e costi elevati per produzione, stoccaggio, trasporto, distribuzione ed utilizzo.

Per l’Italia risulta una sfida ben ardua prima di arrivare a costi interessanti. Bisogna pertanto procedere con cautela nel proporre l’idrogeno “verde” come soluzione nel breve-medio termine.  Tempi e costi potranno essere meglio definiti sulla base dei risultati di ricerche ed esercizio di impianti sperimentali, sia Italiani che internazionali (ed una estesa collaborazione è essenziale per il successo dell’idrogeno).

Considerando, come anche sottolineato dall’Aie, che l’idrogeno “blu” sarà più competitivo ancora per vari anni rispetto a quello “verde”, occorrerà confrontarsi con i risultati di studi ed azioni parallele per l’idrogeno “blu” per una sua diffusione nel modo più conveniente per il nostro Paese, ponendo attenzione ad un equilibrato sviluppo ed utilizzo delle FER che non debbono essere cannibalizzate per produrre idrogeno senza dettagliate analisi sistemiche, con l’obiettivo di ridurre le emissioni ai minimi costi.

*Il cambio utilizzato nella conversione euro/dollari è pari a 1,23