Muoversi 1 2021
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LA RIVINCITA DELL’AUTOMOBILE

LA RIVINCITA DELL’AUTOMOBILE

di Carlo Carminucci

Carlo Carminucci

Direttore
della Ricerca Isfort

L’irruzione della pandemia ha modificato radicalmente i comportamenti di mobilità degli italiani, da un lato costretti dalla tenaglia delle restrizioni (costantemente rimodulate), dall’altro evolvendo lungo nuove traiettorie di domanda. Partendo da questo assunto Il “17° Rapporto sulla mobilità degli italiani”, elaborato come ogni anno da Isfort e che si è avvalso del contributo scientifico del Ministero della Infrastrutture e dei Trasporti, del Cnel e di Agens, è stato impostato sul monitoraggio puntuale della congiuntura, senza tuttavia rinunziare all’ambizione sia di leggere le trasformazioni di lunga deriva, sia di contribuire a delineare gli scenari della mobilità dei cittadini nel post-emergenza.

In estrema sintesi, il 2020 sembra segnare una linea netta di cesura rispetto ad alcune tendenze della domanda di mobilità consolidate negli ultimi anni.

Il primo punto di cesura è determinato, con tutta evidenza, dall’andamento dei volumi di mobilità. Se nel biennio 2017-2019 si era assistito ad una ripresa della domanda (+8% gli spostamenti, +14% i passeggeri/km), dopo una fase quasi decennale di contrazione, dalla crisi economica del 2008 in avanti, il 2020 si è caratterizzato per l’atteso crollo verticale della mobilità durante il lockdown, stimabile nell’ordine del 67% in meno di spostamenti giornalieri e dell’84% in meno di passeggeri/km. Il rimbalzo della domanda fin dalla prima fase post-restrizioni è stato molto vigoroso e si è poi mantenuto nei mesi successivi, tuttavia i livelli pre-Covid-19 restano ancora distanti di circa il 15% per il numero di viaggi e di circa il 25% per il numero di passeggeri/km (Tab. 1).

Il secondo punto di rottura, molto rilevante, riguarda i posizionamenti modali. Il 2019 non è stato un anno positivo per la mobilità attiva (piedi, bicicletta, micromobilità), ma l’emergenza sanitaria nel 2020 ha ampiamente “rimescolato le carte” determinando (Tab. 2):

  • una forte crescita della mobilità attiva, la cui quota modale è rimasta costantemente sopra il 30% durante l’anno e i volumi assoluti di spostamenti dalla fine della chiusura a metà ottobre hanno superato del 10%, nella media giornaliera, il livello 2019;
  • una sostanziale tenuta dell’auto, che ha perso pochi punti di share e registra un numero minore di viaggi, nella media del post-confinamento, stimato al -20% rispetto al 2019;
  • una vistosa contrazione della mobilità collettiva e intermodale, che nonostante il recupero registrato dopo il lockdown vede ancora la propria quota modale ridotta di un terzo e un numero di passeggeri inferiore di quasi il 50% ai valori medi del 2019, effetto sia delle regole di contingentamento nell’uso dei mezzi pubblici, sia di una diffusa percezione del vettore collettivo come potente propagatore del virus.

L’analisi dei flussi di riposizionamento modale dopo il lockdown mostra inoltre una forte capacità attrattiva dell’auto verso gli spostamenti in uscita dal trasporto pubblico (oltre il 40%), mentre non vale il contrario (solo l’1,2% dei viaggi che non si fanno più in auto è stato sostituito da un mezzo pubblico). (Fig. 1).

Cosa si può dire sulle prospettive della mobilità degli italiani, dall’osservazione dei comportamenti durante e dopo il confinamento?

I dati del monitoraggio Audimob e le propensioni dei cittadini raccolte nelle interviste suggeriscono, cautamente, alcune tendenze di medio periodo per l’uscita dall’emergenza, almeno per la prima fase, in termini di volumi di domanda e di riposizionamenti modali, come riassunto nella Fig. 2.

Soffermandosi sui volumi di domanda, si può ragionevolmente prevedere che i futuri livelli di mobilità non saranno distanti dal regime ordinario, ma resteranno comunque strutturalmente attestati ad un livello più basso, a parità di recovery dell’economia e dell’occupazione. Infatti, i processi di riduzione permanente della domanda di trasporto (lavoro agile, teleconferenze, e-commerce, accesso servizi on-line) si stanno strutturando con una certa continuità. Tuttavia, non bisogna nemmeno commettere l’errore opposto di sovrastimarne l’impatto sulla domanda di mobilità. Nel caso dello smart working, ad esempio, è evidente che solo una parte delle professioni sono lavorabili da remoto e un recente studio dell’Istat stima in circa 7 milioni la platea potenziale di occupati che potrebbero lavorare a distanza, ovvero circa il 30% del totale. Se anche la metà di questa platea fosse effettivamente coinvolta in modalità di lavoro agile, e si tratta di un’ipotesi molto lontana dagli attuali equilibri, il contributo alla riduzione degli spostamenti feriali giornalieri non sarebbe superiore al 7-8%. È vero tuttavia che il segmento della domanda di mobilità in contrazione per via delle attività a distanza ha in proporzione un impatto più elevato sul volume dei passeggeri/km (distanze percorse) perché la lunghezza media dei viaggi risparmiati è più alta della media; si pensi in questo senso al pendolarismo lavorativo, ai viaggi business o all’acquisto di beni che presumibilmente, e sempre in proporzione, si sarebbero effettuati di meno nel breve raggio(1).

Al di là delle modifiche nei volumi di domanda e nelle scelte dei mezzi di trasporto, ciò a cui si sta assistendo è una vera e propria rivoluzione dei modelli di mobilità che mette in crisi vecchi assunti, sostituiti o affiancati con prepotenza da nuovi paradigmi (Fig. 3).

Lo scenario del tutto nuovo disegnato dai paradigmi della distribuzione, della riduzione/razionalizzazione della domanda e della pianificazione/regolazione sembra essere attrattivo e ricco di opportunità per moltissimi versi: mobilità ottimizzata e meglio articolata (a parità di esigenze soddisfatte), meno “ore di punta” e congestione, meno inquinamento, più sicurezza, più qualità diffusa e per tutti. Se lo spazio di percorribilità di queste nuove traiettorie esistesse realmente sarebbe allora poco comprensibile non provare a seguirle.

Ma accompagnare la spinta dei nuovi paradigmi significa spingere su innovazione, digitalizzazione e pianificazione con un’intensità molto maggiore di quella sperimentata negli ultimi anni. Occorre da questo punto di vista un grande salto di qualità e un grande progetto di pianificazione e di mobility management che solo competenze professionali e interdisciplinari adeguate possono assicurare, insieme alla ferma volontà dei decisori politici, al centro come (e soprattutto) nelle aree urbane e locali, di sostenere obiettivi così ambiziosi e radicali di riorganizzazione della mobilità e della vita di tutti i giorni.

1Non va peraltro dimenticato che per gli equilibri territoriali, in particolare negli ambiti urbani, l’incremento dell’e-commerce pone problemi seri di gestione dei flussi merci, di cui in questa sede non si valuta l’impatto.