Muoversi 1 2022
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ECOLOGIA INDUSTRIALE E MODELLI PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

ECOLOGIA INDUSTRIALE E MODELLI

PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA

di Piero Salatino


Piero Salatino

Ordinario di Impianti
Chimici – Università
degli Studi di Napoli
Federico II
Presidente – MedITech
Competence Center

La transizione ecologica è affidata alla rapida affermazione di uno spettro diversificato di green technologies in una pluralità di ambiti industriali e civili complementari e tra loro fortemente interconnessi. Gli indirizzi strategici generali verso il greening dei sistemi economici sono ben delineati a livello europeo nel Primo Piano Strategico del Programma Horizon Europe. Nell’ambito del Cluster 4 (Digital, Industry and Space) le green technologies contribuiscono in modo sostanziale allo sviluppo di una economia industriale sostenibile e circolare. Sono di particolare rilievo i concetti cardine di: chimica rigenerativa (che punta alla riqualificazione ed al recupero di materie prime seconde da prodotti a fine ciclo di vita); de- e re-manufacturing (estensione del tempo di vita di prodotti a elevato valore aggiunto, recupero di risorse critiche, downcycling); riciclo intelligente e refurbishment (ripristino delle funzionalità iniziali tramite interventi a basso costo/basso impatto). Lo sviluppo dell’economia circolare è sostenuto attraverso i paradigmi della simbiosi industriale, dell’economia dell’idrogeno e della corretta gestione del ciclo del carbonio. Il Cluster 5 (Climate, energy and mobility) identifica lo sviluppo integrato di soluzioni per la produzione e l’utilizzo sostenibile di energia, tanto nei vettori consolidati (energia elettrica, gas naturale) quanto in quelli più innovativi (idrogeno, biocombustibili). In questo ambito assumono rilevanza le strategie per il sector-coupling (quali il Power-to-X e i percorsi della solar chemistry) e per lo stoccaggio di lungo termine dell’energia.

In un panorama così ampio e diversificato di tecnologie emergenti e di nuovi modelli di sviluppo socio-economico per la transizione ecologica, è di fondamentale importanza l’applicazione di metodologie di analisi improntate alla neutralità tecnologica e alla comparazione equa (fair benchmarking) tra le soluzioni possibili. L’Ecologia industriale è un’area di sviluppo scientifico e professionale matura

Il Cluster 6 (Food, Bioeconomy, Natural resources, Agriculture and Environment) fa più esplicito riferimento allo European Green Deal, attraverso l’uso efficiente delle risorse, l’implementazione di protocolli di economia circolare, la preservazione della biodiversità e la riduzione dell’inquinamento. Le attività previste in questo ambito, in sintonia con le direttrici dei Cluster 4 e 5, puntano allo sviluppo integrato delle vocazioni agricole ed industriali del Paese verso la completa realizzazione di una industria chimica ed energetica sostenibile, circolare e sinergica, basata sui percorsi della chimica trasformativa e della bioraffineria.

Non può essere sottaciuto, in questa disanima complessiva, il ruolo fondamentale degli interventi demand-side, il risparmio energetico, l’utilizzo efficiente delle risorse, l’affermazione di comportamenti più virtuosi dei singoli e delle articolazioni sociali, la promozione di modelli di business, come quelli basati sulla performance economy, che rendano gli individui sempre più “fruitori” e sempre meno “consumatori” di risorse.

In un panorama così ampio e diversificato di tecnologie emergenti e di nuovi modelli di sviluppo socio-economico per la transizione ecologica, è di fondamentale importanza l’applicazione di metodologie di analisi improntate alla neutralità tecnologica e alla comparazione equa (fair benchmarking) tra le soluzioni possibili. L’Ecologia industriale è un’area di sviluppo scientifico e professionale matura, consolidata da oltre 25 anni di intensa e qualificata ricerca a marcato carattere interdisciplinare, che rende oggi disponibili a studiosi, operatori e decision makers validi strumenti di analisi delle “esternalità” ambientali e sociali funzionali alle valutazioni di fattibilità e di sostenibilità. L’Ecologia Industriale esamina con approccio sistemico e integrato gli utilizzi e i flussi locali, regionali e globali di risorse materiali e di energia in prodotti, processi, settori industriali ed economici, identificando i “carichi ambientali” e quelli di ordine sociale ed economico associati ad un prodotto/servizio durante tutto il ciclo di vita, compresa la gestione dei rifiuti e la loro reimmissione nei cicli di produzione/utilizzo.

Alcuni principi cardine per una comparazione equa e neutrale (fair benchmarking):

L’analisi deve essere effettuata sull’intero ciclo di vita (life cycle) dei processi/prodotti, tenendo conto dei collegamenti tra i settori (sector coupling) che sono sottesi a un dato processo produttivo o a un prodotto.

L’analisi deve riguardare, di norma, tutte le categorie di impatto ambientale riconosciute dalle più recenti standardizzazioni delle procedure LCA – Life Cycle Assessment (Climate change, Ozone depletion, Human toxicity, Respiratory inorganics, Ionising radiation, Photochemical ozone formation, Acidification, Eutrophication, Ecotoxicity, Land use, Resource depletion…).

Le valutazioni LCA devono integrare le valutazioni di ordine socio-economico derivanti dalle metodologie di più recente sviluppo del Life Cycle Costing (LCC) e del Social Life Cycle Assessment (S-LCA).

L’analisi deve essere correttamente contestualizzata sotto il profilo degli ambiti territoriali di riferimento, che devono essere opportunamente identificati in funzione degli obiettivi, anche tenendo conto dei potenziali condizionamenti di natura geopolitica, regolatoria e commerciale nelle relazioni internazionali associate alle soluzioni di interesse.

L’analisi deve essere correttamente contestualizzata anche rispetto ai riferimenti temporali e al carattere fortemente evolutivo dei sistemi di interesse. In particolare, l’analisi dovrà, nei limiti delle potenzialità degli strumenti di outlook e di uncertainty prediction, valutare la robustezza delle soluzioni ipotizzate rispetto agli andamenti tendenziali o a perturbazioni aleatorie. L’emergenza pandemica dell’ultimo biennio ha fornito una drammatica evidenza della rilevanza di queste considerazioni rispetto agli indirizzi delle politiche industriali, economiche e sociali a livello locale e globale.

Questi i principi e le considerazioni di carattere generale, in qualche modo codificate. Alle quali desidero aggiungere alcune considerazioni particolari. In primo luogo, l’evoluzione dei sistemi energetici sembra delineare una big picture ricca e articolata in termini di modelli e soluzioni. Per un verso il ricorso al vettore elettrico associato a FER non programmabili (eolico, fotovoltaico) appare pienamente rispondente agli obiettivi di decarbonizzazione, ma pone preoccupazioni in ordine ad altre categorie di impatto, in primis il consistente ricorso a risorse abiotiche (Critical Raw Materials) intrinsecamente non rinnovabili e potenzialmente soggette a condizionamenti collegati agli approvvigionamenti e al trading internazionale. Per altro verso il ricorso a FER rinnovabili programmabili, quali le bioenergie, appare molto meno condizionante in termini di accesso alle risorse abiotiche e può fornire soluzioni ottimali alla decarbonizzazione in alcuni settori, coniugandosi bene con i principi della economia circolare. Esso però richiede un ulteriore slancio per colmare il gap residuo verso il definitivo deployment delle tecnologie integrate di bioraffineria per la valorizzazione di scarti organici e biomasse non-food/low-ILUC, in larga parte di natura lignocellulosica, che possono assicurare consistenti approvvigionamenti “sostenibili” ai comparti energetico e chimico.

La prospettiva di muovere da una economia carbon-constrained verso una economia resource-constrained richiede attenta e ponderata valutazione, soprattutto da parte di chi opera in un paese fortemente dipendente dall’estero negli approvvigionamenti di risorse quale l’Italia. La situazione è ben sintetizzata da Fatih Birol, Direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia, in premessa al recente rapporto The Role of Critical Minerals in Clean Energy Transitions – World Energy Outlook Special Report, IEA – May 2021: “Today’s supply and investment plans for many critical minerals fall well short of what is needed to support an accelerated deployment of solar panels, wind turbines and electric vehicles (…) High geographical concentration, the long lead times to bring new mineral production on stream, the declining resource quality in some areas, and various environmental and social impacts all raise concerns around reliable and sustainable supplies of minerals to support the energy transition”.

Altre due importanti considerazioni. Il fattore tempo: tutte le soluzioni verso la decarbonizzazione richiedono tempi non facilmente prevedibili connessi con la infrastrutturazione dei sistemi energetici decarbonizzati e/o al completamento dell’”ultimo miglio” verso il definitivo deployment delle nuove soluzioni tecnologiche. Il fattore di scala: tutte le esperienze sinora sviluppate si riferiscono a livelli di penetrazione delle rinnovabili ancora relativamente contenuti.

All’orizzonte si profila il terawatt challenge! La sostituzione estensiva delle fonti fossili con le fonti rinnovabili, fino a coprire in misura maggioritaria – se non esclusiva – i quasi 20 terawatt di fabbisogno di potenza attuale del nostro pianeta. È difficile prevedere quali possano essere le implicazioni di un così consistente passaggio di scala sul piano tecnologico, regolatorio, di impatto sui sistemi socio-economici, di sostenibilità globale. Queste considerazioni, e le incognite che ne derivano, per un verso devono stimolare una rapida definizione degli indirizzi politici, per altro verso consigliano di muoversi su uno spettro diversificato di traiettorie tecnologiche che contemplino anche soluzioni “ponte” in grado di assicurare la rapida moderazione delle emissioni climalteranti: risparmio ed efficientamento energetico, transizione a low-carbon fuels, ricorso a tecnologie NET (Negative Emission Technologies).

Ci si dischiude davanti una prospettiva certamente problematica, ma anche ricca di opportunità per un Paese come il nostro che ha importanti vocazioni industriali, grandi tradizioni tecnico-scientifiche e straordinarie risorse intellettuali aperte al cambiamento e alla innovazione in senso green.

Alle sfide che ci attendono è bene rispondere con politiche coraggiose e intraprendenti ma equilibrate, che tutelino la neutralità tecnologica, che integrino soluzioni complementari bilanciate sotto il profilo delle opportunità e dei rischi, che sappiano tracciare una “via Italiana” verso la transizione ecologica in grado di valorizzare i nostri patrimoni e le nostre specificità.