Muoversi 1 2023
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Legge di bilancio: un copione (quasi) già visto

LEGGE DI BILANCIO: UN COPIONE (QUASI) GIÀ VISTO

di Arianna Cappelli

Arianna Cappelli

Rapporti con
Istituzioni ed enti locali di unem

La nuova legge di bilancio sembra aver consolidato il modus operandi affermatosi negli anni precedenti: ritardi nella presentazione del disegno di legge al Parlamento, tempi stretti per la discussione, risorse limitate e una compagine governativa composta da una pluralità di partiti con intenti e priorità a volte divergenti.

Eppure, il percorso di formazione della legge di bilancio 2023 è stato caratterizzato da una novità assoluta. Per la prima volta nella storia del Paese, infatti, le elezioni politiche si sono svolte nel mese di settembre, la XIX legislatura ha preso avvio il 13 ottobre 2022 e il Governo è entrato ufficialmente in carica il 22 ottobre.

L’iter di formazione, pertanto, si è svolto a cavallo tra due governi: il Governo Draghi e il Governo Meloni. Il primo, infatti, ha approvato la NADEF il 28 settembre e il Documento programmatico di bilancio il 10 ottobre, sebbene poi entrambi i documenti siano stati aggiornati dal nuovo Governo.

L’elemento di anomalia e di novità è rappresentato dal fatto che l’iter di formazione della legge si è svolto a cavallo tra due governi: il Governo Draghi e quello Meloni. Il primo ha approvato la NADEF l 28 settembre e il Documento programmatico di bilancio il 10 ottobre, sebbene poi i documenti siano stati aggiornati dal nuovo Governo

Dunque, complici anche le elezioni tenutesi a settembre, il disegno di legge di bilancio 2023 è stato trasmesso al Parlamento con più di un mese di ritardo rispetto alla data prevista del 20 ottobre, segnando in tal senso un record negativo. D’altronde, è opportuno precisare che tale previsione, da quando è entrata in vigore nel 2016, è sempre stata puntualmente disattesa da ogni Governo.

La principale conseguenza imputabile a tale ritardo è stata senz’altro lo scarso margine di manovra lasciato al Parlamento, dettato dalla necessità di rispettare la scadenza del 31 dicembre e di lavorare a ritmi serrati per scongiurare l’esercizio provvisorio.

Nonostante l’urgenza imposta dalla situazione, i lavori sono proceduti non senza difficoltà di vario tipo, a partire dai ritardi e dagli slittamenti nella consegna degli emendamenti governativi, fino all’abbandono e all’occupazione della Commissione bilancio da parte dell’opposizione in segno di protesta.

Non sono mancate poi divergenze e frizioni in seno alla maggioranza in merito ai contenuti da inserire nelle misure, tese a soddisfare i rispettivi bacini elettorali. È il caso, ad esempio, degli attriti venutisi a formare tra il Presidente del Consiglio e alcuni esponenti di punta di Forza Italia, che invocavano, tra le altre cose, l’inserimento di uno scudo sui reati fiscali e un intervento più deciso sulla decontribuzione per i giovani assunti. Un maggiore successo è stato invece riscontrato da altre proposte, poi inserite, quali ad esempio la cancellazione dei debiti fiscali inferiori a 1.000 euro richiesta dalla Lega e una modifica al congedo parentale voluta da Noi Moderati.

In definitiva, sebbene in un contesto politico mutato e per alcuni aspetti con dinamiche differenti, al netto delle inevitabili difficoltà conseguenti al cambio di legislatura di governo in autunno, anche quest’anno la legge di bilancio sembra aver seguito un copione già visto

Il Governo è stato inoltre costretto a non dare seguito ad una serie di disposizioni inizialmente contemplate, passando al vaglio le diverse criticità e modificandole ripetutamente, anche in considerazione del parere formulato dalla Commissione europea sulla manovra, giudicata complessivamente positiva ma con alcuni rilievi critici. Tra questi, in particolare, quelli sui pagamenti elettronici, sul contante e sulle pensioni. E mentre la norma sull’innalzamento al tetto del contante, fortemente caldeggiata dalla Lega, è stata infine approvata, sebbene a seguito di un ridimensionamento dall’iniziale cifra prevista di 10.000 euro a 5.000, l’esenzione dall’obbligo di accettare pagamenti digitali per esercenti e professionisti ha seguito un iter decisamente più travagliato. La soglia, inizialmente fissata a 30 euro, è stata poi innalzata a 60, per essere infine abbandonata a seguito delle perplessità manifestate in sede europea e sostituita con la previsione di istituire un tavolo permanente per valutare soluzioni atte a mitigare l’incidenza dei costi delle transazioni elettroniche fino a 30 euro per i soggetti con ricavi inferiori a 400.000 euro.

Per finanziare tutte le misure inserite nella manovra, che ha un valore complessivo di circa 35 miliardi, il Governo ha introdotto una serie di disposizioni volte a recuperare ulteriori fondi, come ad esempio la normativa sugli extraprofitti a valere sul 2023 e la modifica apportata in corso d’opera all’assegno per il reddito di cittadinanza, passato da 8 a 7 mensilità per il 2023.

Così, come ogni anno, la Commissione bilancio è diventata il teatro principale della manovra, e nella Sala del Mappamondo, per i deputati si sono susseguite notti insonni all’insegna di caffè e di riposi alternati, anche a causa di errori tecnici, come l’approvazione di un emendamento dell’opposizione senza copertura da 450 milioni, affrontando una sorta di maratona contro il tempo.

Nonostante i chiarimenti del viceministro del MEF, Maurizio Leo, sulla mancanza di fondi per approvare gli emendamenti, i gruppi parlamentari ne hanno presentati migliaia, poi ridotti numericamente grazie al sistema degli emendamenti segnalati e supersegnalati. La complessità di approcciarsi alla manovra in tempi così stretti, ad ogni modo, ha infine determinato l’approvazione del testo, in entrambi i rami del Parlamento, con voto di fiducia, dando così vita alla legge n. 197/2022, poi pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre 2022.

In definitiva, sebbene in un contesto politico mutato e per alcuni aspetti con dinamiche differenti, al netto delle inevitabili difficoltà conseguenti al cambio di legislatura di governo in autunno, anche quest’anno la legge di bilancio sembra aver seguito un copione già visto.