Muoversi 2 2022
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RIDURRE LA DIPENDENZA DALLA RUSSIA? DIFFICILE MA NON IMPOSSIBILE

RIDURRE LA DIPENDENZA DALLA RUSSIA? DIFFICILE MA NON IMPOSSIBILE

Intervista a Enzo Amendola

di Marco D’Aloisi

Enzo Amendola

Sottosegretario agli Affari europei

L’Italia e l’Europa sono in una posizione straordinariamente complessa, a cavallo di due crisi: da una parte, una lunga pandemia, dall’altra, la guerra Russia-Ucraina. Tutto questo ha conseguenze rilevanti non solo sul terreno geopolitico ma anche sulle prospettive di sviluppo economico. L’Europa a molti è apparsa non preparata a questi eventi.

D’altronde, l’eterogeneità degli “energy mix” degli Stati membri e il diverso grado di dipendenza dalle fonti energetiche russe sono due dati di fatto al momento ineludibili. Vi è tuttavia l’impegno a valutare in tempi brevi le opzioni proposte dalla Commissione, sulla base degli esiti di una consultazione con i portatori di interesse

L’Unione europea ha dato prova di straordinaria solidarietà e compattezza di fronte a una crisi inaspettata e sistemica come quella provocata dalla pandemia. Penso al coordinamento per la lotta al Covid che ha portato a ottenere i vaccini necessari per i 27 Paesi – e non solo – nel più breve tempo possibile. E penso al Next Generation Eu, uno strumento mai adottato prima, improntato su una logica di crescita collettiva e non più di austerità. Rispetto alla guerra in Ucraina, l’Europa sta reagendo unita e in tempi altrettanto rapidi rispetto a uno scenario estremamente complesso. Da un lato, un Paese europeo invaso dalle truppe russe e il rischio di un allargamento del conflitto; dall’altro, i problemi legati al rifornimento di gas e alle catene di approvvigionamento di materie prime agricole come il grano. Di fronte a una crisi globale di questa portata, la Ue ha deciso di agire su più fronti, reagendo all’aggressione attraverso pacchetti di sanzioni sempre più dure alla Russia e accelerando processi già in atto, come la transizione energetica e l’autonomia strategica della Ue. Nel Consiglio europeo tenuto a Bruxelles a fine marzo si è aperta la discussione a 27 sulla necessità di realizzare un’unione energetica europea e una politica estera e di difesa comuni. C’è tutto l’impegno per andare avanti, ma non sono traguardi che si raggiungono dall’oggi al domani.

Ci sono misure assunte a livello comunitario e di singoli Paesi per fare fronte alla crisi energetica, che avrà un costo. Ci sono diverse proposte sul tappeto. A che punto siamo?

Nell’ultimo Consiglio europeo, il confronto sull’energia ha permesso di identificare tutte le iniziative sulle quali la Commissione dovrà presentare delle proposte con urgenza. Sebbene complessa, la discussione è stata utile per mettere sul tavolo le reciproche posizioni e porre una base solida da cui partire. Fra le possibilità sul tavolo, gli stoccaggi comuni, limiti all’innalzamento dei prezzi, la rete di interconnessione energetica tra gli Stati membri e la creazione di una piattaforma condivisa volontaria per l’acquisto di gas naturale e idrogeno per far valere appieno il peso negoziale della UE. D’altronde, l’eterogeneità degli “energy mix” degli Stati membri e il diverso grado di dipendenza dalle fonti energetiche russe sono due dati di fatto al momento ineludibili. Vi è tuttavia l’impegno a valutare in tempi brevi le opzioni proposte dalla Commissione, sulla base degli esiti di una consultazione con i portatori di interesse, delle specifiche proposte che la Commissione avanzerà nelle prossime settimane e delle risultanze del rapporto ACER, atteso il prossimo aprile. È in atto un cambiamento epocale della storia europea e siamo tutti consapevoli che la risposta a questo nuovo scenario sono le energie rinnovabili e la diversificazione degli approvvigionamenti, con un piano per ridurre la dipendenza dalle forniture di gas russo. Il RePower EU punta ora a diminuire le importazioni di gas dalla Russia di 100 miliardi di metri cubi (due terzi delle importazioni totali da tale Paese) in tempi molto rapidi. È un compito difficile, ma non impossibile.

L’impatto maggiore della guerra – al di là della tragedia umanitaria che ha colpito l’Ucraina – è stato per i paesi europei legato alla “sicurezza energetica”. Un tema che forse negli ultimi anni è stato un po’ trascurato. Ci si chiede: l’impatto sulle forniture e sui prezzi dei prodotti petroliferi è sopportabile a lungo termine? E – se vogliamo rovesciare l’argomento – potremo a lungo tenere fuori dall’embargo il gas russo senza rendere poco efficaci le sanzioni?

Il Governo italiano ha predisposto una risposta articolata alla questione energetica che si riassume nei quattro pilastri annunciati dal presidente del Consiglio Mario Draghi. Il primo, è la diversificazione sia rispetto al fornitore russo – molti sono stati i viaggi del ministro degli Esteri Di Maio nei Paesi produttori – sia intesa come sostituzione di fonti fossili con rinnovabili. Il secondo è quello di introdurre un tetto ai prezzi del gas. Il terzo punto riguarda il modo in cui staccare dal mercato del gas il mercato dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. Il quarto pilastro è la tassazione dei profitti extra delle società elettriche. Non solo. Sono state approntate misure per far fronte alle ricadute immediate del “caro prezzi” su famiglie e imprese. Tra queste, i fondi per sostenere i settori dell’agricoltura, della pesca, dell’autotrasporto, particolarmente colpiti. Si potranno rateizzare le bollette e sono istituiti nuovi crediti d’imposta per le società. Inoltre, il governo ha ampliato i poteri dell’Autorità di Regolazione Energia, Reti e Ambiente e del Garante per la Sorveglianza dei prezzi. Infine, viene rifinanziata la cassa integrazione per le aziende in difficoltà. Inclusi i bonus sociali dedicati, il pacchetto ammonta in totale a circa 4 miliardi.

La neutralità tecnologica sugli strumenti di transizione è un principio da perseguire nel pacchetto di proposte sul clima “Fit for 55”. Da qui la necessità di investire su tecnologie per carburanti meno inquinanti e a bassa emissione. La guerra ha accelerato certi processi e imposto una rivalutazione circa le modalità e le fasi della transizione, senza rimettere in discussione gli obiettivi di neutralità climatica

L’attenzione dell’opinione pubblica soprattutto in Italia è concentrata sulla questione del caro energia. Siamo visibilmente davanti a fenomeni speculativi sui mercati internazionali del petrolio – come ha ricordato il ministro Cingolani in un recente intervento al Senato. Ci sono misure europee che possono essere prese per “raffreddare” i prezzi?

È stata avviata una discussione a livello europeo su possibili iniziative per contenere l’incremento dei prezzi tramite il pacchetto RePowerEU. Tra queste, alcune misure per mitigare l’impatto sui prezzi residenziali e per piccole imprese; regole per aiuti di Stato che consentano di far fronte agli elevati costi energetici per imprese e misure per la tassazione di extra-profitti allo scopo di finanziare le misure di supporto. Per quanto attiene al costo dei carburanti, dall’inizio dell’anno si è registrato un incremento dei costi del Brent che ha toccato punte vicine ai 130 dollari a barile dagli iniziali 78 dollari. Per mitigare l’incremento del Brent, Stati Uniti e Unione europea hanno operato una “oil release”. In tale contesto, l’Italia ha aderito alla proposta, su base volontaria, di rilascio coordinato di una quota delle proprie scorte petrolifere, promossa dall’Agenzia internazionale dell’Energia, con l’obiettivo di ridurre il picco di prezzi.

Questa crisi ci ha insegnato che diversificare riduce i rischi.  Escludere a priori nuovi prodotti e tecnologie, così come i motori a combustione interna, cosa che di fatto fa il pacchetto “Fit for 55”, potrebbe rivelarsi un boomerang. C’è spazio per una correzione di rotta? Ai fini del Pnrr cambia qualcosa?

La neutralità tecnologica sugli strumenti di transizione è un principio da perseguire nel pacchetto di proposte sul clima “Fit for 55”. Da qui la necessità di investire su tecnologie per carburanti meno inquinanti e a bassa emissione. La guerra ha accelerato certi processi e imposto una rivalutazione circa le modalità e le fasi della transizione, senza rimettere in discussione gli obiettivi di neutralità climatica. L’esecutivo europeo ne è consapevole e le discussioni sono in corso anche su questo aspetto. Per quanto riguarda il Pnrr, invece, stiamo assistendo al dibattito che da più parti viene alimentato circa il timore che l’attuazione del Recovery subisca forti ritardi a causa della situazione internazionale, di conseguenza la richiesta di una maggiore flessibilità nell’attuazione. Propongo alcune riflessioni per chiarire il contesto. L’iniezione di circa 40 miliardi di euro che il nostro Paese riceverà quest’anno da Bruxelles, con le due rate di pagamento intermedie di giugno e dicembre, sosterrà gli investimenti pubblici necessari per la ripresa economica dell’Italia, fondamentale in questo momento. Il Governo ha poi dato vita al Piano Nazionale Complementare che accompagna il Next Generation e che è potenzialmente uno strumento di riequilibrio per quei progetti di investimento più colpiti dall’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Parallelamente a queste risorse, il nostro Paese utilizzerà 100 miliardi provenienti dal Quadro finanziario pluriennale 2021-2027, che saranno anch’essi essenziali per la ripresa economica dell’Italia.