Muoversi 4 2023
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QUANDO LA TASSAZIONE SUGLI EXTRA-PROFITTI SPIAZZA GLI INVESTIMENTI

QUANDO LA TASSAZIONE SUGLI EXTRA-PROFITTI SPIAZZA GLI INVESTIMENTI 

di Francesco Galletti e Filippo Barzaghi

Francesco Galletti e Filippo Barzaghi

The European House Ambrosetti

La crescita dei prezzi energetici, iniziata già prima del conflitto in Ucraina ma acuitasi nei mesi successivi, ha portato la Commissione europea a introdurre diverse misure per ridurre la dipendenza europea dai combustibili russi e a sostenere famiglie e imprese più vulnerabili. In questo contesto si inserisce anche uno strumento di emergenza (approvato dal Consiglio europeo a settembre 2022) che prevede un contributo di solidarietà sui profitti in eccesso del settore petrolifero, del gas naturale, del carbone e della raffinazione e un cap temporaneo sui ricavi dei produttori di energia elettrica. Questa misura europea, peraltro, arriva in seguito a decisioni di singoli Paesi, in primis Italia e Spagna, che avevano già introdotto misure sugli extra-profitti.

La definizione di un’imposta sugli extra-profitti è legata a società o individui che, in un determinato periodo temporale, registrino profitti improvvisi e significativamente superiori alla media storica. Il razionale di questo tipo di imposta è, pertanto, il recupero di gettito su aumenti di profitto che non derivano da azioni dirette delle imprese, ma piuttosto da cambiamenti esogeni nelle circostanze del mercato. Se questa è la definizione generale di imposta sugli extra-profitti, è necessario però introdurre alcuni caveat rispetto ai settori coinvolti. Ad esempio, la raffinazione è caratterizzata, per definizione, da andamenti ciclici e con variazioni nei prezzi anche notevoli nel tempo. Basti dire che i guadagni unitari di raffinazione europei sono stati negativi per quattro anni consecutivi prima del 2022.

A ottobre 2023, la maggior parte dei paesi europei ha introdotto un’imposta sugli extra-profitti energetici. In generale, nonostante le disposizioni dello strumento emergenziale europeo, le normative nazionali adottate nei principali paesi europei sono lontane dall’offrire un quadro uniforme. Germania e Francia hanno, di fatto, recepito l’imposta sugli extra-profitti secondo il modello definito dall’Unione europea, mentre Italia e Spagna hanno adottato versioni diverse. Inoltre, guardando alle classi di attività oggetto di tassazione, l’Italia è  stato l’unico Paese a includere le categorie di importazione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi e importazione di elettricità, operando in un contesto di non reciprocità e creando disparità competitive, all’interno della UE.

Non solo: l’Italia è anche l’unico Paese in cui coesistono due diverse imposte sugli extra-profitti. Come anticipato in precedenza, l’Italia è stato uno dei primi paesi europei a implementare un’imposta sugli extra-profitti delle società energetiche (a marzo 2022) e nei mesi successivi ha introdotto quella che di fatto è una seconda imposta sugli extra-profitti, determinando una doppia imposizione con lo stesso obiettivo, sulle stesse società energetiche e sullo stesso periodo fiscale. In particolare, la versione iniziale della prima imposta sugli extra-profitti ha considerato le vendite nette ed ha introdotto un prelievo straordinario del 10% sulle società energetiche. Il successivo aggiornamento della prima imposta sugli extra-profitti ha portato il prelievo straordinario dal 10% al 25%, per raggiungere i 10,5 miliardi di euro di ricavi attesi (anche se i ricavi effettivi sono stati pari a 2,7 miliardi di euro).Nel frattempo, come detto, la Commissione europea ha elaborato una propria proposta di imposta sugli extra-profitti per stabilire un quadro coerente a livello europeo, che ha portato al disegno di una seconda imposta sugli extra-profitti in Italia, basato sugli utili netti aggiuntivi generati interamente nel 2022. La seconda imposta sugli extra-profitti, che recepisce la disposizione europea, è però applicata ai medesimi soggetti passivi già tenuti a pagare la prima imposta sugli extra-profitti. La seconda imposta, peraltro, si differenzia dal quadro delineato in sede europea a causa di un perimetro di applicazione più ampio e di un’aliquota diversa (pari al 50% vs 33% proposto dalla UE). In sintesi, nel 2022 le aziende del settore energetico hanno vissuto la coesistenza di due imposte sugli extra-profitti, oltre alla normale tassazione IRES e IRAP.
La coesistenza di due imposte sugli extra-profitti si inserisce in un contesto in cui gli investimenti del settore energetico sono chiamati ad aumentare per sostenere il processo di transizione energetica e in cui la concorrenza tra Paesi e regimi fiscali è in continuo aumento. Muovendo da queste considerazioni, lo Studio “L’imposta sugli extra-profitti: limiti, prospettive ed effetti sull’economia, l’industria e la sicurezza energetica” realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Esso Italiana, ha sviluppato un modello analitico per identificare i possibili effetti dell’imposta sugli extra-profitti sugli investimenti in Italia.

Complessivamente, l’ammontare di investimenti che rischiano di non essere realizzati dalle società energetiche italiane nei prossimi anni, a causa dell’incertezza introdotta dall’imposta sugli extra-profitti, è pari a 2,2 miliardi di euro. Ad attuali valori presi a riferimento, i mancati investimenti derivanti dall’imposta sugli extra-profitti italiana rischiano di compromettere circa 2 GW di nuova potenza rinnovabile (vale a dire circa il 70% della nuova potenza rinnovabile installata in Italia nel 2022), o in altre parole, l’installazione di 7 nuovi impianti galleggianti di rigassificazione.